Una caratteristica che rende uniche alcune grandi realtà della ristorazione italiana è la capacità di continuare la loro storia restando generazione dopo generazione sulla cresta dell’onda gastronomica e d’accoglienza, con un passaggio – non sempre così scontato – del testimone dai genitori ai figli ai fornelli e talvolta anche in sala. Questa settimana abbiamo scelto tre famiglie e i loro ristoranti, amati un tempo così come ancora oggi nella loro tradizione di ospitalità che supera per tutti i cent’anni.
È uno di quei locali che ha raccontato e racconta pagine di grande gusto, Dal Pescatore dei Santini. Arrivato alla quarta generazione, con Nadia ancora in cucina e Antonio grande padrone di casa, vede ormai da tempo Giovanni ai fuochi al fianco della mamma e Alberto a coccolare gli ospiti con il padre, leggendaria figura dell’accoglienza italiana. Un cappello d’oro, ecco cosa si racconta di loro in guida: “L’ospitalità è un concetto inafferrabile al pari del sentirsi a proprio agio, qualcosa che cambia come la pelle da persona a persona e per questo è impossibile da definire secondo uno schema fisso. Eppure esiste un ristorante nelle campagne mantovane dove da decenni trova piacere e una calda illusione di casa qualsiasi tipo di persona, come se la famiglia che lo manovra avesse scoperto una ricetta universale per l’accoglienza. E forse è proprio così, perché i Santini tutti (dalla nonna Bruna ai nipoti Giovanni e Alberto, passando per la generazione di mezzo con Nadia e Antonio) sono portatori di un modo di fare alta ristorazione in via d’estinguersi, un senso dell’ospitalità votato ad avvolgere l’ospite accontentando ogni sua richiesta prima ancora che venga espressa.
Fin dall’ingresso nella villa affacciata sugli orti, che negli anni è stata ritoccata senza mai perdere il proprio sapore sincero e rurale, si ha la sensazione di venire seguiti e curati con una leggerezza che stempera la cerimonia ma non ne scalfisce l’eleganza. E lo stesso si ripete nella cucina di Nadia e Giovanni, sempre simile a se stessa eppure aggiornata di continuo, con alcuni passaggi che ormai suonano leggenda della gastronomia italiana: tortelli di zucca, terrina d’astice con caviale, scaloppa di foie gras, sella di capriolo con salsa al Cabernet e mirtilli… Affiancati da una linea più contemporanea ben calibrata sulle stagioni. Antonio e Alberto si occupano invece della magia del servizio e della cantina (tra le migliori d’Italia), a terminare i contorni del ritratto perfetto di un vero tempio dell’ospitalità mondiale. Menu a 150, 180 e 250 euro; sui 160 scegliendo alla carta.”
Un punto di riferimento nel panorama dei locali italiani che non passano di moda, Locanda San Lorenzo è un approdo sicuro tra le prime montagne che si incontrano salendo dalla pianura veneta. Renzo Dal Farra, sempre presente, si può rilassare un po’ di più grazie all’abilità di Damiano, talento ancora sotto i trent’anni ma già dotato di un’ottima mano e del giusto spirito creativo che merita tre cappelli. Qui possiamo leggere cosa racconta la scheda in guida: “Ai piedi di montagne meno note ma certo non di scarso fascino, nei pressi del lago di Santa Croce, prosegue felice una storia di accoglienza iniziata ormai centoventi anni fa. I Dal Farra, patron Renzo in testa, sono da sempre un punto di riferimento. Ora in cucina ad affiancare il padre c’è il giovanissimo Damiano, fresco di esperienze importanti.
L’evoluzione si percepisce, ma non si tratta di uno stravolgimento quanto piuttosto di un arricchimento in termini di tecniche, con un approccio al passo con i tempi che rende i piatti se possibile ancora più interessanti. Influenze asiatiche gestite con garbo e tanto territorio sono alla base di uno stile che al centro della sua visione ha l’imperativo del gusto. Vale la pena allora iniziare con la ricca scaloppa di fegato grasso d’oca con crema di fagioli ‘gialèt’, terra di nocciole e salsa ponzu, per proseguire assaggiando gli spaghetti mantecati al burro di montagna con trota locale affumicata e limone candito. Tra i secondi, merita l’intramontabile (e irresistibile) degustazione di agnello dell’Alpago nelle sue ghiotte espressioni. I dolci reggono il confronto, come il “Montebianco” con crema di castagne, mandarino e spuma alla ricotta. Carta dei vini di grande spessore. Degustazione a 98 euro, sui 70 alla carta.”
Un luogo dal fascino intramontabile, gli ambienti ricavati da un palazzo napoletano del XIX secolo, questo ristorante riflette la luce delle grandi tradizioni campane, tra Penisola Sorrentina e Costiera Amalfitana. Tutto questo grazie agli Iaccarino, una famiglia che nel mondo dell’accoglienza rappresenta un’assoluta garanzia. Un cappello d’oro, Don Alfonso 1890 in guida viene descritto così: “Il ristorante della famiglia Iaccarino resta, incontestabilmente, uno dei capisaldi dell’alta ristorazione italiana. E non perché qui siano state scritte alcune delle pagine più belle della riscossa gastronomica del Sud Italia. Né perché qui, prima che altrove, si sia teorizzato – e poi messo in pratica – il basilare assioma della ricerca della migliore materia prima e della sua salubrità. Il Don Alfonso 1890 resta uno dei capisaldi perché, nell’affiancamento generazionale fra Alfonso ed Ernesto ai fornelli, e fra Livia e Mario in sala, non solo non si è tradita l’eredità del passato, ma anzi si sono rinsaldati quei valori umani improntati alla quotidiana dedizione e all’amore per il proprio lavoro.
La cucina trasfigura, con piglio emozionale, lo spirito del Mezzogiorno, chiamando in causa la storia (le tradizioni e i prodotti) e il presente (la tecnica e le conoscenze di usi di Paesi lontani), per piatti che guardano al futuro con incisività e forza gustativa. Così colpiscono sia il soave risotto al brodo leggero di astice con il suo carpaccio, burrata e limone candito, sia il sontuoso coniglio glassato con melanzane profumate alla menta e fichi. Di notevole appagamento è anche il dentice con latte di cocco, mandorle, pepe rosa e fiori di begonia. La magnifica cantina, imponente per vastità della selezione e profondità delle annate, merita una visita. Ai piani superiori alcune eleganti camere per prolungare la sosta. Menu a 155 e 180 euro. Sui 110 alla carta".
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