C’è un angolo di Roma, all’ombra delle Mura Aureliane, considerato per lo più il quartiere degli studenti universitari e delle bevute del sabato sera, ma dove in realtà resiste un’anima di autentica romanità, che si traduce in indirizzi storici di cucina capitolina, veraci al punto giusto. Si tratta di San Lorenzo, a cui le Guide di Repubblica dedicato il nuovo volume della collana “Quartiere Italia”. Un tempo era il quartiere operaio della capitale. Durante il boom economico la vicinanza alla stazione Termini ha portato qui le case dei ferrovieri, insieme a piccole industrie, mentre i decenni successivi hanno reso queste strade la roccaforte del Partito comunista italiano e dei movimenti extraparlamentari. Poi l’università Sapienza lo ha trasformato nel quartiere della conoscenza e, negli anni ‘80, è diventato il crocevia degli artisti del pastificio Cerere, ex fabbrica rinata come atelier per decine di maestri, da Piero Pizzi Cannella a Gianni Dessì.
Il luogo d’incontro dei creativi era l’iconico ristorante Pommidoro. "Era il vero testimone del successo di noi artisti – racconta Giovanni Albanese, tra le decine di artisti intervistati nella guida -. Se un nostro manifesto era appeso a una parete del ristorante, voleva dire che contavi, sennò no. E non solo, il ristorante era il nostro rappresentante. Chiunque entrava, bastava che guardasse le pareti e sapeva quali erano gli artisti da tenere d’occhio”. Oggi l’insegna di piazza dei Sanniti ha chiuso, in seguito alla scomparsa, lo scorso anno, dello storico titolare Aldo Bravi, ma non mancano vecchi e nuovi riferimenti per la cucina capitolina, dove intellettuali, creativi e comuni buongustai continuano ad apprezzare piatti come pajata, carbonara e carciofi alla romana.
Il ristorante più antico del quartiere è Armando, gestito dalle sorelle Carla e Patrizia, figlie di Armando Persiani. La sua storia inizia nel 1944, quando il fondatore cominciò l'attività assieme alla moglie Enrica Marsili, detta sora Richetta. Oggi ai tavoli di piazzale Tiburtino si ordinano gli antipasti del giorno, esposti al bancone, alla maniera di una volta, seguiti da pappardelle con baccalà e ceci o rigatoni cozze e pecorino, ma anche pizze sottili e scrocchiarelle, alla romana, cotte nel forno a legna. È invece una storia lunga oltre trent'anni quella tracciata da Rosanna Borrelli e le sue due figlie Antonella e Fabiola Di Vittorio, che nel 1991 diedero vita alla Trattoria Tram Tram in via dei Reti, proprio a ridosso del binari che si intravedono oltre le tendine vecchio stile degli infissi in legno scuro. Le origini pugliesi della fondatrice – ancora saldamente ai fornelli – sono una piacevole contaminazione, ma in realtà il menu è d’anima capitolina, tra fettuccine ai cardoncelli e coratella con i carciofi, insieme agli immancabili gnocchi del giovedì.
Basta poi spostarsi di fronte all’ex dogana ferroviaria per scoprire la cucina di Pinsa e Buoi, in viale dello Scalo San Lorenzo. Il patron Sandro Bonomo in questo quartiere è nato e cresciuto e, oltre vent’anni fa, ha aperto qui la prima delle sue tre insegne, affiancato dalla moglie Loriana Lenzini e dalla figlia Marta. E’ partito da qui il ritorno in auge della pinsa (lievitato a metà tra pizza e focaccia), preparata secondo il metodo dell'impasto a "biga", lievitato lentamente per almeno 72 ore, e farcita con trippa e pecorino romano o con porchetta d'Ariccia e puntarelle. In carta è in compagnia di carni pregiate e di classici rivisitati come i rigatoni alla gricia con pere e guanciale di cinta senese. Non inganni invece il nome della Trattoria dei Colli Emiliani, locale al civico 70 di via Tiburtina che affonda le sue radici nei primi del Novecento e dove la cucina romana è stata apprezzata anche dal regista Gus Van Sant, quando ha girato nel quartiere i suoi recenti spot per la maison Gucci. I fratelli Andrea e Francesco D'Amato sono rispettosi del calendario romanesco, tra gnocchi al giovedì, venerdì pasta e ceci e baccalà, e sabato trippa.
A mezzo isolato di distanza, in via degli Equi 16, ecco invece la Trattoriola di Luca, dove il patron Luca Urriera rivisita la tradizione con rispetto, tra carciofo alla romana con ricotta di pecora, patate allo zafferano cacio e pepe e spaghetto alla carbonara con tartufo nero. Franco al Vicoletto infine è l’indirizzo di riferimento del quartiere per il pesce fresco, che arriva ogni giorno dal litorale di Fiumicino. Qui Mauro Palluzzi spazia tra moscardini fritti e cozze alla marinara, fino al piatto simbolo del locale, le pappardelle all'ammiraglia, con scampi, gamberi e funghi porcini, ma in carta non mancano, per i carnivori, abbacchio alla scottadito e coda alla vaccinara.
Il volume sarà disponibile in edicola a partire da mercoledì 13 aprile (al costo di 12 euro + il prezzo del quotidiano, poi online al sito www.ilmioabbonamento.it, in libreria e su Amazon e Ibs), con oltre 350 pagine di interviste, itinerari e consigli enogastronomici, per scoprire tutto il buono e il bello della zona.Original Article
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