Sono trascorsi trentacinque anni dalla scomparsa di Primo Levi, da quel mattino dell'11 aprile 1987 in cui il suo suicidio gettò i suoi lettori ed estimatori in uno stato di sconcerto e di sconforto. Com'era possibile che quell'uomo così misurato ed equanime, il testimone dello sterminio ebraico, si fosse gettato nella tromba delle scale della sua casa torinese? Un anno prima Levi aveva dato alle stampe un libro, I sommersi e i salvati, in cui rivisitava a distanza di diversi decenni la sua esperienza nel Lager di Monowitz, nel cantiere della fabbrica di gomma sintetica Buna di cui era stato uno schiavo.
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