ROMA – Caso derivati: la Corte dei Conti del Lazio ha assolto gli ex ministri dell'Economia Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco e gli ex vertici del Mef Maria Cannata, ex responsabile del debito pubblico, e Vincenzo La Via, ex dg del Tesoro. Un procedimento che era arrivato a giudizio per la prima volta nel 2018 e che vedeva al centro la nota vicenda della stipulazione, ormai più di dieci anni fa, di contratti in prodotti finanziari derivati con la banca d’affari statunitense Morgan Stanley.
La Corte dei Conti del Lazio col verdetto di oggi ha escluso responsabilità contabili mentre il procuratore generale della Corte dei Conti aveva contestato una “mala gestio” e un presunto danno erariale di 3,9 miliardi di euro.
Nel febbraio del 2021 la Cassazione aveva accolto il ricorso del Pg della Corte dei Conti contro l’archiviazione del caso per difetto di giurisdizione (confermata in appello nel 2019) e aveva deciso che i due ex ministri e i due ex vertici del Ministero dell’Economia e delle Finanze dovessero tornare a giudizio davanti alla Corte, sezione giurisdizionale del Lazio, in diversa composizione.
Il collegio contabile ha depositato la sentenza di merito che ha escluso – come riferisce l'agenzia Ansa – le responsabilità erariali contestate e ha stabilito, in sostanza, che la tipologia dei contratti derivati in questione fosse funzionale alla copertura e alla gestione del debito pubblico, poiché erano finalizzati ad allungare la durata del debito e a controllare l’andamento del tasso d’interesse.
L’imputazione della Procura generale contabile riguardava una presunta “negligenza” e “imperizia” del Mef e dei suoi vertici dell’epoca nell’inserimento nel contratto con la banca statunitense di una specifica clausola di uscita anticipata dai derivati, l’Ate, e del pagamento a Morgan Stanley, che poi ne rivendicava l’attuazione, di oltre 3 miliardi nel momento di maggiore difficoltà economica del Paese, alla fine del 2011.
La Corte dei Conti ha stabilito, invece, che il contesto in cui era stata prospettata l’attivazione di quella clausola, che era di natura eccezionale, richiedeva di assumere in breve tempo decisioni significative per contrastare proprio l’eventuale attivazione della stessa, che avrebbe comportato un maggior esborso per lo Stato, mentre la chiusura e la “ristrutturazione” hanno in realtà prodotto come effetto, come avevano evidenziato le difese, un risparmio di 3 miliardi di euro.
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