PARIGI – Fino a qualche settimana fa la sua rielezione sembrava scontata. La Francia aveva finalmente riaperto dopo due anni di pandemia e una campagna di vaccinazione riuscita. Alla fine, Emmanuel Macron deve invece affrontare una gara più aperta di quanto previsto, anche se con il 28,5% dei voti è avanti rispetto a Marine Le Pen, al 24,2%, secondo i primi exit poll.
Dopo lo scoppio della guerra, Macron era salito fino al 30 per cento nelle preferenze, i politologi parlavano di un “effetto bandiera” intorno al giovane presidente che moltiplicava gli sforzi diplomatici.
dalla nostra corrispondente
Anais Ginori
Nell'ultimo rettilineo prima del voto, Macron ha cominciato a scendere nelle curve dei sondaggi. Colpa di una sottovalutazione del rischio Le Pen, e di un programma che mette avanti la controversa riforma delle pensioni e la revisione del reddito di cittadinanza per i giovani.
Colpa anche di uno scandalo emerso nell'ultimo mese, quello delle società di consulenze straniere ingaggiate a suon di milioni dal governo, che ha riattivato nell'immaginario collettivo l'etichetta di “Presidente dei ricchi”.
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Troppo convinto della sua vittoria, Macron ha aspettato fino all'ultimo prima di lanciarsi nella corsa, ha rifiutato di fare un dibattito aperto con gli altri candidati, ha organizzato un unico grande comizio a Parigi una settimana prima del voto. “Ci sono state delle contingenze che non potevamo prevedere” commenta Stanislas Guerini, segretario de La République en Marche, il movimento di Macron.
dalla nostra corrispondente
Anais Ginori
Gli sforzi diplomatici sulla guerra in Ucraina, con frequenti telefonate a Vladimir Putin, hanno tenuto il Presidente lontano dalla campagna elettorale. “Pensiamo al contrario – commenta Guerini – se il capo di Stato si fosse impegnato più nel ruolo di candidato, trascurando gli impegni istituzionali. Molti francesi non glie lo avrebbero perdonato”.
Il ruolo di Macron nella crisi ucraina è stato apprezzato. “Ma ha dato anche l'impressione di preoccuparsi di più della scena internazionale che dei francesi” nota Brice Teinturier, direttore dell'Ipsos.
Uno dei punti del programma di Macron che ha acceso più critiche è la sua proposta di alzare da 62 a 65 anni l'età pensionabile. “E' un argomento che divide molto i francesi e riassume il rapporto non solo con il lavoro, ma tra l'individuo e la collettività” spiega Teinturier.
dalla nostra corrispondente
Anais Ginori
Anche se Macron ha promesso di inserire delle eccezioni per i lavori più usuranti e di alzare la pensione minima a 1100 euro, la “madre delle riforme” resta un tema incandescente. Le Pen propone invece di mantenere l'età pensionabile a 62 anni.
Macron ha cominciato a perdere punti dopo aver illustrato il suo programma a metà marzo, e confermato la riforma del sistema previdenziale e un'altra misura impopolare tra alcuni elettori: sottopporre il reddito di cittadinanza per i più giovani a un obbligo di attività.
A inizio marzo una commissione d'inchiesta del Senato ha scoperchiato i fondi versati dal governo a società di consulenza straniere come McKinsey. E’ ovviamente un tema esplosivo in un paese che ha cinque milioni di dipendenti pubblici e una concezione sacra del “servizio pubblico". Inoltre si è scoperto che McKinsey non ha pagato tutte le tasse in Francia, e ora è in corso un'inchiesta.
Macron, che ha avuto dei membri di McKinsey nel suo staff elettorale del 2017, si è difeso nel comizio ricordando che gli avversari politici che oggi si indignano hanno pure loro usato società di consulenze quando erano ministri o amministratori locali. E’ ovviamente un tema esplosivo in un paese che ha 5 milioni di dipendenti pubblici e una concezione sacra del “servizio pubblico".
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