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Fumetti. Giancarlo Alessandrini: “Vi racconto come ho disegnato il primo Martin Mystère”

Per festeggiare i 40 anni di Martin Mystère non poteva mancare Giancarlo Alessandrini, la matita che nel 1982 creò il primo bozzetto del personaggio, sulle vaghe indicazioni di Alfredo Castelli. Come ci racconta in questa intervista, con sua meraviglia il detective dell’impossibile andò subito a genio a Sergio Bonelli, senza bisogno di rivedere granché del ritratto che aveva fatto dell’eroe, della futura moglie Diana e dell’assistente Java. Mystère aprì una nuova era per il fumetto seriale della casa di Tex: come ha già detto Castelli a Luca Valtorta, fece da “cerniera” tra l’era dei cowboy e quella di Dylan Dog. Alessandrini, che lavorava con Castelli fin dagli anni Settanta sul Corriere dei ragazzi, nel cinquantenario della sua carriera da fumettista ricorda così la nascita del loro eroe: “Ero impegnato su Ken Parker. Arrivò Alfredo con la sua idea e io gli dissi di sì perché i western mi avevano stancato; questo, invece, era uno scienziato esploratore, avrebbe girato in tutte le parti del mondo. Sarebbe stato più divertente. Chiesi quanti anni avesse, come farlo, e lui: è un americano sui 45, bello, biondo, e gli mettiamo una gran macchina, una Ferrari Mondial 8, che all’epoca andava era il massimo. Poi fu il turno della sua donna, Diana, bella, anche lei sui 40 anni. Mi disse, studiati bene la pettinatura, così terrà sempre quella lì per essere riconoscibile. E concluse, disegnami poi un uomo di Neanderthal che grugnisce e che solo Mystère capisce”.

E che ha pensato quando le ha descritto questi tre personaggi?
“Ero affascinato! Finalmente avrei cambiato genere. Mystère è divertente, cambia sempre, è in Egitto, è in Giappone… (ride) Meglio di così non mi poteva capitare! Poi con Alfredo c’era già un’amicizia, lavorare con lui era bello ed è uno dei migliori sceneggiatori italiani. Riesce a inventare qualunque storia, come far incontrare Dylan Dog con Topolino. Se lo dici a un altro va in crisi, lui si diverte e te la scrive. È questo tipo di genialità qua”.

Il primissimo bozzetto di Martin Mystère che Alessandrini, su idea di Castelli, presento a Bonelli, convincendo subito l'editore. (Per gentile concessione dell'autore)

Anche lei avrà contribuito a qualche avventura, immagino.
“Lui mi dava ampia libertà di impostare la tavola come volevo io. E i personaggi che incontrava, spesso me li inventavo io. A volte ho preso spunto da qualche attore. Ma era lo stesso Alfredo a suggerirlo. Per il resto, lui dava solo i dialoghi. Altri, come Claudio Nizzi per Tex, ti dicono pure se è un primo o un secondo piano. Alfredo no”.

Per lo studio del personaggio di Mystère si ispirò a delle foto?
“Sinceramente no. Quando Alfredo mi disse, fai un americano biondo, io buttai questo qua che mi venne in mente. Mi ci volle mezz’ora. Non pensai a Flash Gordon, ad esempio. E Diana lo stesso, con questa pettinatura che va tutta da una parte. Lei potrebbe pure pettinarsi diversamente, ma non la riconosceremmo facilmente. Anche se ultimamente qualcuno l’ha fatta coi capelli lisci”.

Lo studio completo del personaggio di Alessandrini, per gentile concessione dell'autore

Ma tornando a Mystère…
“Magari Bonelli poteva dire, il naso è troppo aquilino, o roba così. Questo bozzetto, invece, stranamente è nato bene subito; come ho mandato su i disegni è piaciuto: cosa rara, eh! E siamo partiti, senza problemi, tutto liscio”.

E ancora oggi è Mystère è lo stesso, cristallizzato agli anni Ottanta. Ha mai avuto la tentazione di aggiornarlo?
“Ha sempre la sua divisa da avventure: camicia sotto, jeans e borsellone da una parte. La tiene spesso nelle copertine, a meno che non serva l’impermeabile, o la giacca, o la sua tipica cravatta di quando sta in casa, con le righe diagonali. L’unica cosa diversa, adesso, è che ha i capelli un po’ più lunghi e forse è un po’ più giovane. Ma è stato un cambiamento spontaneo, si assestato da solo; prima aveva qualche ruga in più, oggi ha il ciuffo più grosso: il viso è quello, comunque”.

Il ritratto dell'artista e le sue creature mysteriose

A proposito di ringiovanimenti, con la serie animata era più che ringiovanito: un adolescente. Lei non era molto d’accordo.
“Neanche Alfredo! All’inizio mi ha un po’ stranito. Però siccome il progetto era importante… Un po’ mi è dispiaciuto che avessero mantenuto le caratteristiche solo in minima parte, ma non poi così tanto. Se andava bene ad Alfredo, andava bene a me. Comunque, io non l’ho mai guardato il cartone”.

Che ne pensa, invece, dei Mystère degli altri disegnatori?
“Bonelli ha sempre lasciato che si mantenesse il proprio stile e i lettori non hanno mai protestato, che lo facessi io o un altro. Cambiano soprattutto i mezzi: io disegno ancora con la carta”.

C’è un albo dei suoi che guarda con più affetto?
“Il primo, di sicuro, Gli uomini in nero, e poi uno gigante, Il segreto di San Nicola. Lì c’è davvero tutto Martin Mystère. E mi piacque molto disegnarlo. Direi anche Di tutti i colori (il numero 100, ndr.). Avevo comprato una stilografica nuova che mi dava un segno particolare, l’ho usata per l’intero fumetto e così l’ho disintegrata: dentro ci mettevo la china!”.

Gli albi preferiti di Alessandrini

E le copertine: le fa tutte lei, ma come nascono?
“All’ultimo momento, direi, Alfredo è sempre un po’ in ritardo sulle consegne. All’inizio era divertente, perché mi faceva uno schizzo come fa lui, Martin Mystère in versione Omino Bufo. Mi basta una giornata a finirle. La copertina più complicata fu con Mystère che volava sopra l’Empire State Building, con King Kong che lo scalava e il resto di New York vista dall’alto intorno”.

A proposito di New York, ma con le strade e i locali come facevate prima di Internet?
“Oggi c’è Google Street View, prima la biblioteca. Era una fatica, si perdeva molto tempo. Per la Mondial 8, la Ferrari che doveva avere Mystère, io non la trovavo, Alfredo la vide a Milano e scattò delle foto. Bonelli alla documentazione ci teneva particolarmente, soprattutto con MM. Quando arriva all’aeroporto di Tokyo, devi disegnare quello, mica te lo puoi inventare”.

Da sinistra, Giancarlo Alessandrini con Alfredo Castelli

Nei suoi viaggi non è mai passato in uno dei luoghi di Martin?
“Non mi è mai capitato, ma c’è chi è andato a casa di Mystère, che è al Greenwich Village, in un punto preciso (il 3/a di Washington Mews, ndr.). E quello che abita lì si vede sempre questa gente che gli vien davanti e fa le foto. Adesso lo sa il perché, in realtà. Ecco, mi piacerebbe andare lì: non sono mai stato a New York. Ma ci andrò, eh!”.

La casa di Martin dal primo numero, 'Gli uomini in nero', 1982

Perché proprio quell’indirizzo?
“Quando Alfredo pensava al personaggio, lui era in vacanza a NY e passò davanti a questa casa e fece delle foto. Poi me le mandò originali e ancora ce le ho! Era il ’79. Non gliele ho più ridate e quando faccio le mostre le metto sempre”.

(c) Sergio Bonelli editore, Giancarlo Alessandrini

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