Gli scambi commerciali nazionali, molto rallentati negli ultimi dieci giorni a causa dello sblocco delle importazioni da Paesi come Ungheria e Bulgaria, hanno spinto al ribasso i prezzi dei prodotti agricoli, mais e grano tenero in testa, che sono tornati sotto quota 400 euro a tonnellata. È quanto emerge dall’analisi di CAI (Consorzi Agrari d’Italia) in base alla rilevazione settimanale della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento in Italia per le contrattazioni fisiche dei prodotti agricoli. A determinare questo calo, dunque, il mercato sostanzialmente rallentato, l’arrivo di prodotti dall’estero e il rischio scongiurato di restare senza scorte prima dell’inizio del nuovo raccolto.
di
Lara Loreti
Guardando ai numeri emerge che il grano tenero è calato di 10 euro rispetto alla scorsa settimana (-2,5%) attestandosi tra 390 e 399 euro a tonnellata con punte di 424 euro per i cereali più ricchi di proteine. Stesso calo anche per il mais (-2,5%), fondamentale per l’alimentazione animale, che tocca quota 375 euro a tonnellata. Stabile il grano duro, dopo i rialzi della scorsa settimana, mentre la soia perde 9 euro rispetto all’ultima rilevazione (-1,3% a quota 699 euro/ton) e l’orzo segna -1,7% a quota 370 euro/ton.
Secondo l’analisi di Consorzi Agrari d’Italia si sta arrivando ad un punto di equilibrio per i prezzi dei prodotti agricoli e la situazione, salvo stravolgimenti imprevedibili causati dal contesto internazionale, non dovrebbe più registrare forti oscillazioni.
Cosa succede ai prezzi al supermercato? «Il mercato odierno dimostra, per chi avesse ancora dubbi – sottolinea Consorzi Agrari d’Italia – come l’aumento dei costi dei prodotti finali ai consumatori, quali pane, pasta, farine, biscotti, certamente non dipenda dai prezzi dei prodotti agricoli».
di
Sandra Riccio
Intanto proseguono gli sforzi dell’Ucraina per riuscire a esportare il proprio grano. Con la guerra che infuria lungo la costa meridionale del Paese e i principali porti bloccati dall'invasione della Russia, Kiev sta cercando altre vie per esportare. Non si tratta però di un obiettivo facile da raggiungere. Secondo quanto riportato giovedì da Reuters, che ha citato i funzionari delle ferrovie del Paese, circa 1.100 vagoni ferroviari che trasportano grano sono bloccati vicino al principale passaggio di frontiera ferroviario con la Polonia, nell’area occidentale del Paese vicino alla città di Izov. Lo stop è dovuto a problemi logistici e di burocrazia. A pesare è anche il fatto che la rete ferroviaria ucraina usa uno scartamento russo che misura più dei binari usati nella maggior parte dell'Europa e quindi è richiesto il passaggio del grano su treni più adatti oppure occorre un intervento sui vagoni. Si tratta di operazioni che richiedono molto tempo. L'Ucraina, uno dei più grandi esportatori di grano al mondo, prima della guerra spediva attraverso il Mar Nero oltre il 98% delle proprie produzioni di cereali. Solo per una piccola parte delle esportazioni veniva utilizzata la ferrovia. Questo per evitare costi di trasporto più elevati.
La vendita di grano all’estero è un punto fondamentale dell'economia ucraina (per un totale di circa 12,2 miliardi di dollari nel 2021) e rappresentano quasi un quinto di tutte le esportazioni del Paese, secondo i dati ufficiali.
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