Da ragazzino considerava il padre Piero il suo Emilio Salgari. “Abbiamo fatto tanti viaggi con la famiglia", racconta Alberto Angela, "ma le storie più belle erano quelle di papà, le sue avventure perché mi raccontava cose incredibili, era bellissimo ascoltarlo”. Oggi è lui a raccontare storie, esplorare, a guidare gli spettatori in luoghi affascinanti e a incuriosire il pubblico “perché ci sono tesori vicini che devono essere solo scoperti”. Alberto Angela compie 60 anni oggi, 8 aprile. Per il web è un sex symbol, lui ride quando glielo dicono, ma ha un buon rapporto con l’età. “Mi sento venti anni, forse trenta” spiega “sono fortunato, sto bene e mi mantengo in forma. Quando l’età arriverà, arriverà”. Nuota (“Mi rilassa”), ama la montagna, quando faceva gli scavi ha passato mesi nei luoghi più sperduti “dove non c’era niente, ma felice anche solo di vedere un tramonto”. Sposato con Monica, tre figli – Alessandro, Riccardo e Edoardo, appassionati di scienza come lui – Angela è una persona curiosissima e riservata.
Festeggerà in famiglia, “non ho chiesto di niente di particolare per il compleanno” spiega “accetto la sorpresa ma non organizzeremo cose speciali. Per me è un giorno come un altro”. Da Albatros al primo programma fatto insieme al padre, Il pianeta dei dinosauri, Superquark, Passaggio a Nord Ovest, Stanotte a…, Ulisse – Il piacere della scoperta, Meraviglie. “Il cognome” ha spiegato “è un'arma a doppio taglio. Ho avuto la fortuna di cominciare a fare questo mestiere quando non c'era il web. Devi essere irreprensibile dal punto di vista scientifico, non apparire troppo, essere comprensibile, saper parlare a tutti. La telecamera non mente, racconta chi sei. Se al cinema non saprai mai se un attore è simpatico, la tv restituisce la persona. Le basi sono l'educazione e il rispetto del pubblico”.
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Nato a Parigi nel 1962, cresciuto a Roma, studi allo Chateaubriand, confessa di essere stato ispirato dai racconti del padre Piero Angela, volto del Tg1, inviato di guerra e corrispondente, il più grande divulgatore della nostra tv. “Non mi ha mai detto: ‘Fai questo’ o ‘Non fare questo’, è lo stesso metodo che uso con i miei figli. Ci sono gli esempi, poi ognuno sale sulla barca a vela e va. La cosa che ho imparato – dote che certamente ha papà – è l'umiltà, l'etica del lavoro. Devi lavorare sodo. Avevo un cognome, con il tempo mi sono fatto un nome”.
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Da ragazzo sognava di diventare un oceanografo e di studiare gli squali. “Il mio mito, più che Indiana Jones, era Jacques Cousteau”. Ha sempre detto di essere diventato un’icona pop suo malgrado: continua a sentirsi una persona normale, malgrado il successo dei suoi programmi. “Il successo” ripete “nasce dal lavoro, la televisione va fatta bene, con cura”.
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Secchione felice, attento ai dettagli, nella sua lunga carriera – trenta anni – da divulgatore, ha vissuto le avventure più incredibili e rischiose. Il rapimento in Niger nel 2002, “quindici ore da incubo nelle mani dei banditi”, poi, cercando scheletri di dinosauri, ha attraversato un fiume su una zattera in compagnia di un cannibale. “Ho scoperto che era un cannibale dopo la traversata” ha ricordato. “Una loro caratteristica è affilarsi i denti a triangolo, tipo quelli dello squalo. Prendo lo zaino, dico una cosa stupida in francese e questo ragazzo sorride: i denti erano appuntiti. Sul momento mi sono sentito a disagio, ma era una persona dolcissima, faceva il pastore".
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Non ha rimpianti, ripete che la cultura è l’unico antidoto contro il male. Tornerà su Rai 1 con la nuova edizione di Ulisse – Il piacere della scoperta, la prima puntata è dedicata al naufragio del Titanic. Non smette di leggere, viaggiare, essere curioso. Cosa conta davvero per vivere bene? “Accettare la vita nel suo complesso, con le cose belle e quelle meno felici. Tutte le luci nella giornata hanno il loro perché, dall’alba al tramonto. Non bisogna tenere solo i muscoli allenati, ma si deve tenere in forma il cervello con stimoli nuovi. Ho la stessa curiosità di quando avevo sei anni: è una delle cose che davvero aiuta”.Original Article
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