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Dolcificanti artificiali, una questione di dose: rischia chi ne usa di più

I dolcificanti artificiali non sono sostituti perfetti dello zucchero. Proprio come lui, hanno potenziali rischi per la salute, ma tutto, come sempre, dipende dalle quantità. Dovrebbe essere questo l'insegnamento da trarre dal nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica PloS Medicine, in cui un consumo elevato di edulcoranti, in particolare aspartame e acesulfame K, è stato associato, nel giro di otto anni, a un maggiore rischio di cancro.

Il consumo elevato e il rischio di cancro

La ricerca, osservazionale, quindi inadatta a determinare una relazione di causa-effetto, è stata condotta sull'ampia coorte francese del NutriNet-Santé, di oltre 102 mila persone, da un team di scienziati dell'Università Sorbona di Parigi e dell'Inserm, l'Istituto nazionale di salute e ricerca medica francese.

"I nostri risultati non supportano l'uso di dolcificanti artificiali come alternative sicure allo zucchero in alimenti e bevande, e forniscono nuove e importanti informazioni per la rivalutazione di questi additivi da parte delle agenzie sanitarie", ha dichiarato Charlotte Debras, principale autrice dello studio, scienziata dell'Inserm e della Sorbona.

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I dolcificanti più usati

L'aspartame e l'acesulfame K – che in lista ingredienti riconosciamo dalle sigle E951 ed E950 – sono dolcificanti artificiali con una dolcezza circa duecento volte superiore a quella dello zucchero. Sono tra i più utilizzati dall'industria alimentare, insieme al sucralosio, e l'Efsa, l'autorità europea per la sicurezza alimentare, ne consente l'utilizzo in bevande, prodotti di pasticceria, gomme da masticare, prodotti dietetici, nonché come edulcoranti da tavola. Sono stati entrambi oggetto di studi approfonditi e ad oggi, se consumati in determinate quantità giornaliere, sono considerati sicuri.

"L'Efsa raccomanda di non andare oltre i 40 milligrammi per chilo di peso corporeo per l'aspartame e oltre i 9 mg/kg di peso per l'acesulfame K, che negli Stati Uniti, per la Food and Drug Administration, sale a 15 mg/kg" fa sapere Raffaella Cancello, specialista in scienza dell'alimentazione dell'IRCCS Istituto Auxologico Italiano.

La regola della moderazione

Tradotto nella vita di tutti i giorni, significa che "per raggiungere la quota di 40 mg/kg di peso per l'aspartame, un adulto di 60 chili dovrebbe bere quotidianamente 12 lattine (da 330 ml) di una bevanda dietetica che contiene aspartame ai massimi livelli consentiti. Invece, nella realtà, l'aspartame è utilizzato in quantitativi normali, fino a tre-sei volte meno rispetto al massimo concesso, il che farebbe salire a 36, o più, il numero di lattine necessarie a raggiungere la quantità indicata". Vale quindi la regola della moderazione, chiosa l'esperta: "Con un consumo sporadico il rischio oncologico resterà basso".

"Si tratta di una ricerca importante, che ha seguito e osservato un ampio campione di persone e le loro abitudini alimentari, ma i risultati devono essere interpretati con cautela" interviene Carlo La Vecchia, epidemiologo dell'Università Statale di Milano e ricercatore della Fondazione Airc contro il cancro.

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La difficoltà di indagare il rapporto causa-effetto

Nello specifico, i dati dicono che un consumo più elevato di dolcificanti è associato a un aumento del 16% del rischio di cancro al seno e del 13% di tutti i tumori associati all'obesità. "Rischi relativamente bassi da studi osservazionali sono difficili da interpretare" continua l'esperto. "Inoltre, la ricerca confronta moderati e alti consumatori con i non consumatori, ma il rischio non aumenta tra moderati e alti consumatori. Di solito, invece, se c'è un'effettiva relazione di causa-effetto, più c'è esposizione al fattore di rischio, in questo caso il consumo di edulcoranti, più aumenta il rischio di patologia".

Infine, "in uno studio come questo, che valuta l'associazione tra dolcificanti e malattie croniche legate all'obesità, può verificarsi una causalità inversa" precisa ancora La Vecchia. E cioè, "dato che i dolcificanti sono utilizzati soprattutto da chi è obeso o in sovrappeso come strategia di perdita di peso oppure da chi è diabetico per la gestione dei picchi glicemici, la causalità inversa si verifica nel senso che questi soggetti sono più esposti allo sviluppo di un tumore. Questa ipotesi è confermata dalla diminuzione del rischio dopo l'aggiustamento per massa corporea nelle analisi statistiche". Quindi non sarebbe tanto il dolcificante che aumenta il rischio di cancro, ma è chi ne fa maggiore uso che, già di per sé, ne è più esposto.

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