AGI – Due volte profugo in Turchia. E straniero in patria esposto alla violenza delle milizie jihadiste. Anas al-Mustafa, 41enne siriano originario di Aleppo, vive ora in un 'limbo' a Konia, città turca sull'altopiano centrale dell'Anatolia. Da profugo a operatore umanitario ma per la polizia è solo un 'sans papier', un immigrato clandestino senza permesso di soggiorno.
Nel maggio 2020 – denunciano i difensori di Anas – fu espulso illegalmente dalla Turchia: si trovò su un pullman per poi essere scaricato in Siria (appena oltre il confine) in una regione, chiamata Idlib, bersaglio – come possibile ostaggio – delle milizie jihadiste che controllano il territorio. Poi la decisione, a fine 2020, di tornare in Turchia. Trenta ore di cammino per varcare il confine.
Adesso la sua vita è a un bivio. E il sogno è un nuovo inizio in Italia. Da oltre un anno Anas aspetta la pronuncia di una commissione dell'Onu. "Attendiamo – ha detto all'AGI, il suo avvocato Bastimar Kurtulus – la decisione delle Nazioni Unite, speriamo entro la prossima settimana. Mi aspetto che l'Onu riconosca che sono stati violati i diritti fondamentali del mio assistito. E' poi importante che arrivi da parte delle Nazioni Unite una condanna sul fatto che il governo turco non può deportare alcun rifugiato in una zona dominata dalla criminalità".
Una pronuncia in tal senso "potrebbe essere molto importante anche per favorire il percorso che intende seguire Anas, ovvero, ottenere un permesso per vivere in Italia dove – conclude il legale – ha ricevuto una offerta di lavoro da una organizzazione umanitaria". In attesa di una svolta Anas non ha certo perso tempo.
"A friend indeed" è il nome dell'associazione fondata dallo stesso 41enne. Si occupa di aiutare gli orfani siriani e le famiglie povere che ricevono supporto (pacchi alimentari, generi di prima necessità) grazie ad una rete di micro donazioni internazionali. Spirito di iniziativa, grande passione e capacità di relazioni, ottima conoscenza dell'inglese: Anas al-Mustafa ha tutte le caratteristiche per continuare la sua attività umanitaria. Sul suo futuro pende, tuttavia, una tagliola: il rischio di essere espulso per la seconda volta in patria e poi condannato come disertore nella Siria di Assad. Determinante per definire il suo futuro sarà l'atteso pronunciamento delle Nazioni Unite.
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