“Voglio far capire ai ragazzi che uno qualsiasi, uno normale, può farcela” ripeteva spesso Paolo Rossi quando andava a parlare nelle scuole o si trovava davanti a un pubblico che nel 1982, nel giorno in cui Pablito scalò il tetto del mondo, non era nemmeno nato. Paolo era davvero una persona normale, quasi si imbarazzava quando qualcuno gli ricordava quei tre gol al Brasile, i due alla Polonia, la rete che aprì la finale di Madrid contro la Germania, il titolo mondiale, quello personale di miglior giocatore del pianeta.
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