ROMA – Il Def non parla di pensioni, se non nel tradizionale capitolo sugli impatti pluriennali della spesa previdenziale italiana: un'analisi, più che un programma. Di qui la fibrillazione dei sindacati che oggi incontreranno il premier Draghi. Il tavolo di confronto sulla riforma delle pensioni – concesso dal governo, in un'ottica di flessibilità sostenibile – è saltato a febbraio per l'irrompere della guerra in Ucraina. E mai più convocato. Tutto rimandato alla manovra d'autunno.
In realtà nel Def – nell'elenco delle riforme da abbinare alla prossima manovra – c'è sì un disegno di legge di riordino delle pensioni, ma solo di quelle di invalidità. "Abbiamo fortemente voluto tale misura – rivendica la ministra per le disabilità Erika Stefani – anche per recepire la sentenza n. 152 della Corte Costituzionale del 23 giugno 2020, la quale ha precisato che un assegno mensile di circa 286 euro è inadeguato".
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Valentina Conte
E però senza interventi generali sulle pensioni, da gennaio 2023 ci saranno solo le regole della legge Fornero, derogate dal sistema delle Quote in questi quattro anni. Prima Quota 100 con l'uscita a 62 anni con 38 di contributi (governo M5S-Lega) dal 2019 al 2021. Poi Quota 102 con l'uscita a 64 anni e 38 di contributi (governo Draghi) nel 2022. Quota 102 termina il 31 dicembre di quest'anno. Da gennaio dell'anno prossimo sarà possibile andare in pensione di vecchiaia a 67 anni oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi, a prescindere dall'età (un anno in meno per le donne).
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Valentina Conte
Il premier Draghi ha però detto in più occasioni di essere disponibile a rivedere tutto l'impianto della riforma Fornero. A patto che la maggiore flessibilità richiesta dai sindacati – "non tutti i lavori sono uguali" – sia sostenibile con i conti pubblici e non crei dunque sconquassi che sarebbero pagati cari dalle generazioni future e anche in termini di credibilità nei confronti dell'Europa da sempre severa nei confronti nella spesa previdenziale italiana.
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Valentina Conte
L'idea a cui guarda con favore il governo è un'uscita prima dei 67 anni, anche a 64 anni, ma con il ricalcolo dell'intero assegno in base alle regole contributive (si prende quanto si versa). Per chi è nel sistema misto, la maggior parte dei pensionandi italiani, questo comporterebbe una penalizzazione dell'assegno. Ma il ricalcolo si può fare in diversi modi e alla fine il taglio potrebbe essere un taglietto, sopportabile se comparato al vantaggio di godersi per più tempo la pensione.
L'importante, per i sindacati ma anche per le imprese che devono programmare le uscite e le assunzioni, è sapere con quali regole si andrà in pensione nel 2023. E anche dopo: senza cambiare, se fosse possibile, le norme ogni anno introducendo scivoli, eccezioni. O Quote.
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