AGI – Vladimir Putin come Gheddafi. Undici anni dopo la Libia, è toccato alla Russia.
La sospensione dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu votata oggi a larga maggioranza dall'Onu rappresenta un gigantesco schiaffo internazionale al presidente russo Putin.
La risoluzione, proposta dagli Stati Uniti, e che aveva l'Italia tra i ‘co-sponsor', ha ricevuto 93 voti a favore e 24 contrari, tra cui Cina, Brasile Egitto, Messico, Iran e Sud Africa. Gli astenuti sono stati 58.
L'ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya aveva chiesto un “buon voto e un buon numero” ed è stato accontentato, ma aveva anche fatto pressione sull'Onu per quello che era considerata un “dovere”. Mosca ha definito il provvedimento un “tentativo degli Stati Uniti di mantenere il suo dominio e il controllo totale” e di “usare il colonialismo dei diritti umani nelle relazioni internazionali”.
La sospensione è arrivata dopo giorni di pressioni diplomatiche, tra cui quelle della Lettonia, che sente la propria posizione a rischio, considerata la vicinanza con la Russia, che aveva definito “farsa” la presenza nel Consiglio di un Paese accusato di crimini di guerra.
La risoluzione è stata presentata dopo settimane di combattimenti in Ucraina e notizie di massacri, di civili torturati e donne stuprate. L'Assemblea generale, a cui spetta il compito di eleggere i membri del Consiglio per i Diritti umani, fino a oggi aveva sospeso solo un Paese: la Libia.
Era successo nel marzo 2011 ma in un contesto completamente diverso da quello che riguarda la Russia. L'Onu decise l'esclusione della Libia dopo che il presidente Mu'ammar Gheddafi aveva sedato con violenza una manifestazione anti-governativa.
Le rappresentanze libiche di New York e Ginevra, sede del Consiglio, avevano preso le distanze dal governo. Nel caso di oggi c'è una completa negazione dei fatti da parte del Paese messo sott'accusa. Il Cremlino ha bollato come “fake” le notizie sui massacri di civili a Bucha e definito “pilotate” le testimonianze dei familiari delle vittime.
Prima del voto, Mosca aveva minacciato chiunque avesse appoggiato la risoluzione, che sarebbe stato considerato un “gesto non amichevole”.
Non è bastato a bloccare l'approvazione che consegna la Russia alla storia, ma dalla parte sbagliata: è la prima volta che uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza perde l'affiliazione all'organizzazione per i diritti umani.
L'espulsione ha effetti simbolici ma anche pratici. Da ora in poi Mosca non potrà proporre risoluzioni e emendamenti riguardo situazioni internazionali in cui non sia direttamente coinvolta.
La sospensione resterà valida fino almeno a tutto il 2023, quando scadranno i termini dell'adesione della Russia al Consiglio.
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