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Segni e sintomi. È essenziale ciò che è visibile agli occhi

Women in Design Award è un premio organizzato annualmente da Aiap Associazione Italiana Design della Comunicazione visiva destinato alle progettiste grafiche e della comunicazione che si distinguono per il proprio lavoro e contributo alla disciplina. Il volume Undercover raccoglie i lavori di due anni di premio fornendo l’occasione per una riflessione sul tema della disuguaglianza di genere tanto nella rappresentazione quanto nelle condizioni inerenti le discipline del progetto.

Il dibattito in merito alla necessità e all’opportunità di premi al femminile è sempre acceso. Chi vi si oppone lo fa spesso in nome di un principio di qualità inteso come naturale e universalmente valido. Ma non è la stessa qualità un concetto contestualizzato, dipendente dalla comunità o dalla società che lo esprime? Come sottolinea Donna Haraway “le rivendicazioni di neutralità sono sospette. Siamo sempre situati all’interno di una serie di cornici di potere, di razza, di classe, di genere. Investendoci del ruolo di produttori di conoscenza, dobbiamo assumere consapevolezza e responsabilità rispetto a ciò che facciamo dal momento che la produzione di conoscenza è il campo di negoziazione del potere” (in Haraway, D., Situated Knowledge. In Feminine Studies, vol.14, n.3, 1988).

Le iniziative come Awda si pongono come azioni di contrasto volte a recuperare la carenza in termini di visibilità e rappresentazione del lavoro femminile, delle condizioni e dei risultati. “Ciò che non viene nominato, è meno visibile agli occhi delle persone” dice la linguista Vera Gheno. E ciò che è meno visible non ha corpo, identità ed esigenze; non contribuisce a determinare la norma, rimanendo escluso dalle principali narrazioni della società in cui viviamo. È così tanto per quel che riguarda la lingua parlata quanto per quel che concerne il linguaggio visivo, come risulta evidente da un’osservazione critica dell’iconografia femminile di ieri e di oggi.

Il Gender Gap Report 2021 indicava che ci sarebbero volute sei generazioni per recuperare le disparità tra uomini e donne in ambito lavorativo. Dopo la pandemia le cose sono peggiorate sensibilmente. È quindi necessario portare avanti delle azioni che possano accorciare queste tempistiche. Come produttori di segni ci chiediamo quale possa essere il nostro contributo a favore di un linguaggio inclusivo, capace di emanciparsi e di emancipare. Innanzitutto, vogliamo renderci conto della natura culturale, non naturale e non finita dei linguaggi grafici e visivi, nonché del fatto che ogni segno è il risultato di un insieme di forze, espressione di visioni del mondo. Come la lingua è soggetta al cambiamento – è di chi la usa — lo stesso possiamo dire per i linguaggi grafici e visivi. Codici e sistemi di rappresentazione possono essere messi in discussione. Sono di fatto, il risultato di appropriazioni continue.

C’è ancora molto lavoro da fare, ma non mancano iniziative importanti. Tra queste ricordiamo Alphabettes, network che supporta e promuove il lavoro di tutte le donne impegnate nell’ambito della tipografia e del type design o Futuress, una piattaforma di riflessione sul rapporto tra femminismo, design e politica.

Foto – Ferrara C., Moretti L. Palladino C. (a cura di), Undercover, premio internazionale design della comunicazione AWDA 3, 4. Milano: AIAP, 2022Original Article

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