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La promessa di Blinken: dagli Stati Uniti dieci sistemi anticarro all’Ucraina per ogni tank russo

“Dieci anticarro per ogni tank russo”. La promessa del segretario di Stato Antony Blinken rischia di diventare l’equazione di una guerra di logoramento, lunga e devastante. “Tra gli Usa e gli altri alleati – ha detto Blinken – , per ogni carro armato russo in Ucraina abbiamo fornito, o forniremo presto, dieci sistemi anti-carro”. Gli effetti concreti si vedono già: l’esercito invasore sta lasciando sul campo centinaia e centinaia di mezzi corazzati, carbonizzati o abbandonati dagli equipaggi.

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Il sito Oryx aggiorna in maniera certosina il censimento di quelli che vengono fotografati e filmati, offrendo l’unica statistica affidabile: è arrivato a contare 2.551 veicoli o pezzi di artiglieria persi da Mosca. E’ una stima per difetto, basata solo sui casi accertati, ma comprende 450 tank, 777 blindati, 176 tra cannoni semoventi e lanciarazzi multipli. L’equivalente di un’intera armata è stato spazzato via in sei settimane di combattimenti.

Si tratta dei materiali migliori dell’arsenale di Mosca: la prima ondata ha trascinato nel baratro i modelli migliori di carro armato e di autoblindo, finiti in trappola alla periferia di Kiev, di Mykolaiv o nelle strade di campagna dell’ucraina orientale sotto il tiro incrociato dei missili portatili e dell’artiglieria. Adesso i generali russi devono fare i conti con la scarsità di armi moderne: stanno venendo mandati al fronte i vecchi T-72 delle prime serie, costruiti ai tempi dell’Urss.

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Gianluca Di Feo


Un’analisi cronologica delle perdite evidenzia come siano cresciute in continuazione, nonostante le tattiche adottate per cercare di esporre il meno possibile le colonne corazzate: nell’ultima settimana 83 carri armati sono andati in fumo. Un risultato che viene messo in diretta correlazione con l’aumento degli aiuti bellici all’esercito di Kiev. Così adesso il moltiplicarsi dei sistemi antitank donati dagli Usa e dai Paesi occidentali, tanto numerosi da avere obbligato il Pentagono a ordinare altri Javelin per ripristinare le scorte, rende impossibile qualsiasi attacco frontale. Ma questo drammatico bilancio non ferma Vladimir Putin, che insiste nel chiedere un’offensiva e pone una scadenza: il 9 maggio, anniversario della vittoria sulla Germania nazista. I suoi generali invece ritengono che le risorse siano sufficienti solo a condurre operazioni limitate, come quella in corso nel Donbass: un risultato che non basta a placare il Cremlino.

Per migliorare la situazione, i russi stanno sperimentando i primi correttivi proprio nel Donbass: misure elementari, come garantire la protezione sui fianchi ai convogli. I video di questi giorni mostrano sempre più spesso gli elicotteri scortare le colonne russe, offrendo protezione contro le imboscate, e squadre di esploratori che precedono i movimenti dei gruppi principali per sventare gli agguati. Non basta però per risolvere le drammatiche deficienze emerse nelle periferie di Kiev: devono migliorare la sorveglianza del terreno, aumentando la disponibilità di droni, e il coordinamento tra i reparti, distribuendo in fretta apparati radio e mappe gps.

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C’è una sola forza che non è stata logorata: l’aviazione, il cui intervento sul campo è cresciuto progressivamente ma resta ancora limitato. Adesso il Donbass viene sorvolato con maggiore frequenza dai cacciabombardieri, senza che gli stormi abbiano dato un contributo determinante alla battaglia. Anche in questo caso, però, c’è un limite strutturale: la carenza di armi guidate, che impone il ricorso ai bombardamenti a tappeto.

Per risolvere tutte queste carenze, i generali hanno bisogno di tempo. Vogliono recuperare parte delle brigate provate da un mese in prima linea e formare i riservisti spinti a tornare in caserma in queste settimane. Cercando di acquisire – guardando anche alla Cina – apparati radio e droni. I loro ragionamenti militari poi dovranno confrontarsi con l’ambizione politica di Putin.

Già adesso è chiaro che non esiste una strada risolutiva: non c’è una vittoria a portata di mano. Non c’è neppure per gli ucraini: i missili controcarro garantiscono una difesa poderosa, ma non servono per cacciare via gli invasori. Per quello ci vorrebbero armi molto più potenti, inclusi aerei da caccia: sistemi che al momento non vengono forniti dall’Occidente e che comunque richiederebbero mesi prima di essere operativi. Così i “dieci anticarro per ogni tank russo” annunciati da Blinken non fanno che confermare lo scenario più cupo: una guerra lunga e sanguinosa. In cui è facile prevedere che il prezzo maggiore verrà pagato dalla popolazione civile.

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