MILANO – Forte riduzione dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, frutto di una crescita delle entrate che è stata più che doppia rispetto a quella delle uscite. Aumento del reddito disponibile, che però – a causa della crescita dei prezzi – diventa una sostanziale stagnazione del potere d'acquisto. Propensione al risparmio in lieve aumento così come il tasso di investimento delle società finanziarie. Crescita, infine, anche per la pressione fiscale.
E' questo il quadro che emerge dai dati Istat sul quarto trimestre del 2021, un periodo che sembra lontano anni luce con la recente evoluzione degli eventi mondiali e i loro impatti sull'economia: la cavalcata delle materie prime, l'invazione russa in Ucraina del 24 febbraio e la successiva guerra che hanno accelerato ancor più il trend dell'inflazione colpendo ancora l'energia e altre materie prime (dai metalli all'agricoltura) importanti in molte filiere. Ragione per cui le associazioni dei consumatori parlando di "un mondo che non c'è più" (Unc) e di dati "obsoleti e purtroppo già superati" (Codacons).
Il bilancio delle famiglie
Restando alla rilevazione Istat, nell'ultimo scorcio dell'anno passato (periodo ottobre-dicembre 2021) "il reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici è aumentato dell'1,3% rispetto al trimestre precedente. A fronte dell'accelerazione dei prezzi osservata nello stesso trimestre (+1,2% l'aumento del deflatore implicito dei consumi finali delle famiglie), il potere d'acquisto è aumentato dello 0,1%".
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La propensione al risparmio dei nuclie italiani è stata pari all'11,3% (+0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente): ciò si deve al fatto che la spesa per consumi finali è stata "appena più debole" della progressione del: +1,2 contro +1,3 per cento. Anche il tasso di investimento delle famiglie è leggermente salito (+0,2 punti) al 6,8%, a fronte di un aumento degli investimenti fissi lordi del 4,9%.
Scettici, come accennato, i commenti delle associazioni: "Dati di un mondo che non c'è più, sia per lo scoppio della guerra sia per i rialzi stratosferici dei prezzi di luce e gas scattati dal primo gennaio di quest'anno e che stanno avendo effetti devastanti sia sui costi di produzione delle imprese sia sul potere d'acquisto delle famiglie, visto che l'inflazione nel primo trimestre 2022 è salita del 3,1% rispetto a quella del quarto trimestre 2021, passando dal 3% di ottobre al 6,7% di marzo", la nota diffusa da Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori. "Inoltre, anche se i consumi delle famiglie sono saliti dell'1,2% rispetto al terzo trimestre 2021, sono comunque dati insoddisfacenti perché ancora sotto i valori pre-crisi del 2019. In particolare, rispetto al quarto trimestre del 2019 sono ancora inferiori dello 0,6%, 1 miliardo e 626 milioni" conclude Dona. In linea i rilievi del presidente del Codacons, Carlo Rienzi, per il quale i rincari del 2022 "intaccheranno fortemente il potere d'acquisto dei cittadini con effetti diretti sulla spesa" e "avranno effetti sulla crescita economica del Paese".
Il bilancio delle Pa e delle imprese
Commentando i dati, l'Istat annota poi che "nel quarto trimestre dell'anno, l'indebitamento delle Amministrazioni pubbliche sul Pil si è sensibilmente ridotto in termini tendenziali per il consistente aumento delle entrate, che ha più che compensato l'aumento delle uscite". A due giorni dalla scrittura del Documento di economia e finanza da parte del governo – atteso giovedì in Cdm, prenderà atto del rallentamento della crescita -, l'Istituto spiega che le uscite totali nel quarto trimestre 2021 sono aumentate del 3,1% sul 2020 mentre la loro incidenza sul Pil (pari al 59,8%) è diminuita in termini tendenziali di 1,3 punti percentuali. Nello stesso periodo, le entrate totali sono aumentate in termini tendenziali dell’8,1% e la loro incidenza sul Pil è stata del 56,8%, in crescita di 1,5 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2020. Come emerso dai dati della vigilia, complessivamente nel 2021 l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è arrivato al -7,2% del Pil, in miglioramento rispetto al -9,6% del 2020. Nel 2021, in termini di incidenza sul Pil, il saldo primario e il saldo corrente sono risultati negativi, pari rispettivamente al -3,7% (-6,1% nel 2020) e al -1,6% (-4,5% nel 2020). Nello stesso periodo, la pressione fiscale si attesta al 43,5% del Pil, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al 42,8% del 2020.
Per quel che riguarda le imprese non finanziarie, infine, la loro quota di profitto "si è lievemente ridotta rispetto al trimestre precedente" – al 41,6%, in diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente – "mentre il loro tasso di investimento ha registrato una crescita rispetto al trimestre precedente", al 23,1%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
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