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Agrivoltaico: speculazione o aiuto alla transizione? Un decreto divide agricoltori e ambientalisti

"Due settimane fa il governo ha approvato un decreto che potrebbe uccidere il fotovoltaico e l'agrivoltaico italiano. Un vero killer della transizione ecologica". Franco Miglietta, dirigente di ricerca del Cnr, ha dedicato molto del suo impegno recente a studiare come rendere compatibili produzione agricola e produzione di energia dai pannelli fotovoltaici. "Nelle campagne di Mantova stiamo conducendo una sperimentazione molto promettente: i risultati preliminari ci mostrano che le presenza di pannelli posti a una altezza opportuna, non solo consente le coltivazioni, ma le rende persino più produttive nelle aree più soleggiate del Paese". Ora però, secondo Miglietta, una norma varata il primo marzo rischia di affossare tutto.

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Si tratta del Decreto legge numero 17, relativo alle "misure per il contenimento del gas e dell'energia elettrica". All'articolo 11 si parla anche di fotovoltaico: in particolare il decreto prevede che le aziende agricole interessate a impiantare panelli, potranno ricevere i relativi incentivi statali a patto che la superficie aziendale coinvolta non ecceda il 10 per cento del totale. La norma non distingue tra fotovoltaico tradizionale e agrivoltaico (con pannelli ad una altezza tale da permettere il passaggio dei mezzi agricoli o capaci di ruotare per inseguire il Sole). Inoltre, è bene precisarlo, non vieta la costruzione di impianti solari anche su superfici superiori al 10 per cento, ma rende economicamente convenienti, grazie agli incentivi, solo quelli che restino entro tale limite.

"In tal modo", avverte Miglietta, "si scoraggiano le piccole aziende agricole, quelle con poche ettari o poche decine di ettari. Se ho dieci ettari totali e posso mettere pannelli solo su un ettaro non troverò nessuna azienda pronta a investirci, perché ci sono costi fissi (per esempio l'allaccio alla rete elettrica, ndr) che si abbattono solo con una economia di scala".

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Il comma in questione, in ambito parlamentare, è stato ribattezzato "emendamento Coldiretti", perché fortemente voluto dalla associazione che riunisce la maggior parte degli agricoltori italiani. Non è un mistero, d'altra parte, la contrarietà al fotovoltaico del suo presidente Ettore Prandini, pur convinto che il futuro sia l'agricoltura sostenibile. L'agosto scorso, in occasione della presentazione di una raccolta di firme a sostegno della petizione contro il "fotovoltaico a terra" lanciata da Coldiretti Giovani, Prandini espose chiaramente il suo pensiero: "La terra non è un bene replicabile; occuparla con i pannelli fotovoltaici equivale a cancellare il cibo del nostro territorio dalle tavole degli italiani".

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C'è chi fa notare che anzi che la norma varata il primo marzo è un grosso passo avanti della Coldiretti: dal no irremovibile al sì, ma solo sul 10% dei terreni aziendali. Il timore è che il business delle rinnovabili, con le sue offerte allettanti (spesso per un ettaro viene offerto più del doppio del suo valore agricolo) spazzi via i contadini dalle campagne italiane per sostituirlo con pannelli fotovoltaici e pale eoliche. In un primo momento Prandini aveva proposto di limitare l'istallazione incentivata dei pannelli ai soli tetti dei capannoni e delle stalle, poi ha ceduto sul 10%. "Chi contesta questa limitazione pensa solo alla produzione di energia, mentre noi ci dobbiamo preoccupare dello sviluppo futuro di un comparto come quello agricolo. La nostra petizione ha raccolto 100mila firme, una indicazione chiara da parte dei nostri associati", spiega Stefano Masini, responsabile Ambiente della Coldiretti. "La crisi Ucraina dimostra che non siamo solo dipendenti dall'estero per l'energia ma anche per gli approvvigionamenti alimentari. I due problemi vanno affrontati insieme in modo equilibrato ed evitando che gli incentivi all'agrivoltaico siano una scorciatoia per chi vuole fare speculazioni sui terreni agricoli".

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"Il limite del 10% rischia in realtà di affossare totalmente l'agrivoltaico, che invece è la soluzione ideale per conciliare coltivazioni e produzione di energia", ammette Stefano Ciafiani, presidente nazionale di Legambiente. "Il decreto finirà per penalizzare le aziende agricole medio-piccole e non risolve il problema degli impianti fotovoltaici a terra, perché potranno essere comunque costruiti, senza incentivi, anche sul 100% del terreno".

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"La speranza", conclude Miglietta, "è che si corregga il tiro in Parlamento, quando il decreto andrà convertito in legge".

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