COPENAGHEN. Quando arriviamo al ristorante per prepararci al servizio e troviamo sul foglio delle prenotazioni l’appunto “Tavolo 20+1”, vuol dire che avremo un cliente speciale, lo chef». Mattia Spedicato, sommelier in forza al personale di sala del Geranium di Copenhagen – secondo nella classifica dei migliori ristoranti del mondo, World’s 50Best Restaurants – rivela l’originale modo in cui il super chef di casa giudica e mette a punto il suo stesso menu. Sì, super chef perché Rasmus Kofoed detiene il record sogno di ogni cuoco: è l’unico al mondo ad aver collezionato in tre edizioni successive il bronzo, l’argento e l’oro del Bocuse d’Or e, oltre a guidare la cucina che sta scalando i 50 Best, si fregia delle tre stelle Michelin.
Proverbiale la perfezione dei suoi piatti, frutto di doti culinarie ed estetiche, le linee essenziali delle presentazioni e i sapori di nordica ispirazione, dove prevalgono vegetali e prodotti ittici (mentre da tempo mancano lecarni). Basti pensare alla semplice intensità del “Danish tradition”, aringa su croccante di alga, aneto e Aquavit, o al caviale consemi di girasole affumicati, foglie di noce marinate e panna acida, che sono degli eleganti concentrati di Scandinavia.
Vederlo a tavola da solo, ad assaggiare le ricette che lui stesso ha creato con il suo team, è emblematico di una mentalità votata al perfezionismo e alla sintonia empatica con i clienti. «Perché da cuoco puoi anche esser certo di aver realizzato un grande piatto per quanto riguarda il sapore – spiega – ma poi l’esperienza gastronomica a tavola è un’altra cosa». Per questo assaggia anche con l’abbinamento dei vini o delle bevande analcoliche studiate ad hoc. E, allo stesso modo, valuta la forma, importante per trovare i bocconi della dimensione ideale, della giusta proporzione tra ingredienti.
di
Sarah Scaparone
Così Kofoed resta seduto, nei panni del cliente, mentre il viavai della sala è veloce e sincronico. A coordinare tutto c’è il direttore e socio Søren Ledet, poi i suoi più stretti collaboratori, Spedicato appunto, e Giulia Caffiero, italiani entrambi, rispettivamente di Puglia e di Sardegna. Insieme a loro una decina di camerieri solerti, attenti, sorridenti, poliglotti. Quando un cameriere porge un piatto allo chef-ospite ovviamente lo spiega e lui,se c’è bisogno, corregge, aggiusta il tiro, chiarisce come vuole che il piatto sia comunicato.
Gli vengono servite tutte le portate del nuovo menu del Geranium, «che non è mai definitivo». Lui prova, assapora, si ferma pensare, beve un sorso di vino, sorride se ne è convinto al cento per cento, oppure resta un attimo con lo sguardo interlocutorio, allora scrive qualcosa sul taccuino, per correggere.
Che starà scrivendo? Magari di mettere un grammo in più di uova di lumaca sul delicato e compatto merluzzo oceanico al succo di cetriolo e prezzemolo. O forse registra di togliere una fogliolina di dragoncello dal Rombo e scampi con pino ed erbearomatiche. O forse un altro dettaglio ancora.
Ogni elemento della cena deve essere fedele allo spirito della sua cucina, in cui, nonostante l’attenzione maniacale alla forma, non può mancare mai la genuinità del contenuto. Impossibile non sentire il richiamo alle radici popolari nel piatto che infatti si chiama “A childhood memory”, ricordo d’infanzia: pane di segale, formaggio e vegetali, cioè lo spezza fame tipico dei Paesi del Nord, certo qui presentato come una scultura in miniatura. Come pure nelle rape rosse bollite con mirtilli e rafano, dove alla tradizione si unisce la ricerca eselezione della materia prima che arriva – chiariscono a tavola – dalla fattoria biologica di Birke-mosegård.
I grandi maestri della sala spesso spiegano agli allievi che, per un servizio perfetto, camerieri e sommelier devono porsi dal punto di vista dell’ospite e Kofoed li prende alla lettera. Certo, il tempo gioca un ruolo fondamentale: lo chef si prende il tempo di valutare tutto, attuando lo sloweating, capovolgendo la prospettiva ristoratore-fruitore del servizio, di fatto diventando critico di sé stesso. Se a questo si aggiunge che oltre un terzo della brigata, tra chi si muove in sala e chi sta ai fornelli, proviene dall’Italia, si capisce che il senso di ospitalità danese e l’arte dell’accoglienza mediterranea si fondono insieme per un risultato finale che qui si dice “hygge”, come dire divertente e familiare insieme.
Non è "solo" un mal di testa. Emicrania: regole, sintomi e prevenzione di uno dei…
Infezioni in gravidanza, ogni anno un neonato su 150 colpito da citomegalovirus, circa 300 nascono…
Morbillo, quasi raddoppiati i casi in un mese: cosa sta succedendo e cosa fare Corriere…
Sonno e intestino: così il microbiota intestinale influenza il riposo (e viceversa). Come intervenire Corriere…
DELFINATO, È IL TADEJ POGAČAR SHOW. TAPPA E MAGLIA PER LO SLOVENO TuttobiciwebVisualizza la copertura…
LIVE Judo, Mondiali 2025 in DIRETTA: ASSUNTA SCUTTO, ORO DA DOMINATRICE! OA SportMondiali Judo: Assunta…