Stati Uniti e Iran sono vicini a raggiungere un’intesa sul rilancio dell’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015. Il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price, ha annunciato: “Siamo vicini a un accordo possibile, ma non ci siamo ancora”. In precedenza, il ministro degli Esteri iraniano, Hussein Amir-Abdollahian, aveva riferito che c'erano ancora "due questioni" da risolvere con Washington per arrivare a un'intesa.
Price non ha voluto rispondere alle domande sulla possiblilità che le "due questioni" fossero la richieste di Teheran sulla sopravvivenza di un eventuale accordo anche in caso di un cambiamento politico negli Stati Uniti e la rimozione delle Guardie Rivoluzionarie iraniane dalla lista nera americana.
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Ma "crediamo che le questioni in sospeso possano essere superate", ha assicurato Price, secondo cui "resta poco tempo" prima che i progressi nucleari dell'Iran rendano completamente obsoleto l'accordo del 2015, che doveva impedire l'acquisizione della bomba atomica, ha sottolineato.
Alla trattativa prende parte anche la Russia, il cui ruolo di mediazione è ora messo a rischio dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni occidentali. Il 15 marzo il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha annunciato che Mosca ha ricevuto da Washington garanzie scritte rispetto al fatto che le sanzioni occidentali alla Russia per la questione ucraina non influiranno sulla cooperazione con l’Iran nel contesto dell’accordo sul nucleare iraniano.
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Rossella Tercatin
Questo, unito al rilascio da parte di Teheran di due uomini iraniano-britannici sembra fornire un segnale positivo. Un gesto che la Casa Bianca afferma di aver "accolto con favore". Price ha sottolineato però la necessità che ulteriori progressi vengano compiuti attraverso il rilascio dei cittadini statunitensi ingiustamente detenuti, una questione che Washington ha implicitamente reso una condizione di un accordo nucleare.
Iran e Stati Uniti sono impegnati da tempo nella ricerca di un accordo con la mediazione di Cina, Russia e dell'Unione Europea, per tornare agli accordi di sette anni fa. Una strada che potrebbe trovare ostacoli in Usa, dove l'opposizione repubblicana è forte. Il cosiddetto Piano d'azione congiunto globale (Jcpoa) è l'accordo raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015 tra l'Iran e i cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Regno unito e l'Unione Europea.
L'Iran aveva accettato di eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento e di tagliare quasi completamente le riserve di uranio impoverito e di due terzi le centrifughe a gas, utilizzate per arricchire l'uranio. In cambio aveva ottenuto la cessazione dell'embargo economico imposto da Washington, dall'Unione Europea e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
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Gabriella Colarusso
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