Il citofono appeso a una delle colonne del portico di via Sacchi, all'angolo con corso Vittorio, è in realtà il simbolo di una comunicazione interrotta. Quella dei morti della guerra in Ucraina, delle loro famiglie che non hanno notizie dei loro parenti, di tutti i cittadini d'Europa che leggono di una guerra fatta di numeri e non di persone. E' la posizione espressa da un collettivo di artisti che ha scelto di rimanere anonimo ma che nella notte ha affisso questa installazione in centro città, a due passi dalla stazione di Porta Nuova.
Il citofono è finto, non collegato. Ma del resto anche le vite delle persone, i cui nomi sono scritti sulle targhette accanto ai tasti sono interrotte, spazzate via da bombe e missili. Ci sono Polina, Sofia e Kirill, 10, 6 anni e 18 mesi, sono alcuni dei bambini vittime di questa guerra alle porte dell'Europa. Ma ci sono anche Dmytro Martynenko e Vitalii Sapylo, calciatori, morti in battaglia o sotto le bombe.
Guerra Ucraina-Russia: la diretta no stop
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L'opera si intitola "Noi non abitavamo qui": gli artisti raccontano di aver provato a capire, attraverso le istituzioni, quali siano i canali per avere informazioni sulle vittime in Ucraina, nel caso qualche familiare in Italia cercasse notizie, nel caso qualcuno volesse conoscere le loro storie. L'obiettivo dell'opera è far riflettere sulla brutalità della guerra, sull'impersonalizzazione delle vittime, su morti che restano spesso senza un nome se non per qualche storia rimbalzata sui giornali.Original Article
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