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Patrick Zaki: “È difficile lottare per i diritti umani in Egitto”

A tre mesi dalla scarcerazione, Patrick Zaki racconta la sue difficoltà a Amnesty International Italia: "Difendere i diritti umani in Egitto non è facile". Collegato dal suo Paese per un evento in diretta organizzato dall'organizzazione internazionale che molto lo ha sostenuto, l'attivista e ricercatore egiziano ricorda il momento del suo arresto. Era il 7 febbraio 2020 quando all'aeroporto del Cairo venne fermato dalle autorità egiziane: "E' stato un periodo abbastanza lungo, quasi due anni, non è facile descrivere in poche parole quello che ho provato". Nel suo Paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza e invece lo aspettavano per arrestarlo. Il mandato di cattura conteneva accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo.

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di SIMONE FONTANA


Ancora oggi Zaki stenta a credere a quanto gli è accaduto. Quell'incubo sembra inverosimile: "Quando sono tornato nel mio Paese da Bologna non potevo prevedere cosa sarebbe successo. In realtà non appena sono stato fermato ho capito ma non pensavo che si sarebbe prottratto così a lungo". Ventidue mesi di detenzione non si dimenticano facilmente: "Dove ho trovato la forza per resistere? Credo fermamente in quello che faccio e so che pago il prezzo delle mie scelte. Ho scelto di lottare per i diritti e queste sono le conseguenze".

Poi il ricordo dell'arrivo in prigione: "La prima notte in carcere quasi non ci credevo. Ero sopreso, mi chiedevo: dove sono? Un momento fa ero a Bologna e ora sono qui dentro. E' stato un periodo difficile. Ogni dettaglio, ogni singolo aspetto è duro da raccontare. Ma ora mi sento ottimista, voglio tornare in Italia il prima possibile. Ho ricominciato a lavorare, a studiare, sto guardando avanti con ottimismo".

Zaki spende parole grate per chi lo ha sostenuto, per il supporto ricevuto: "Spesso si tende a sottovalutare la pressione internazionale, che invece può fare la differenza". La differenza a cui Zaki allude è anche psicologica: "Ho saputo fin dall'inizio che c'era stata una mobilitazione per sostenermi. La mia famiglia era riuscita a farmi arrivare la notizia un po' di soppiatto. Non c'è dubbio che tutto ciò ha avuto un effetto prezioso su di me, permettendomi di non farmi scalfire dentro da quello che mi stava succedendo. Nei momenti in cui mi sentivo più giù, mi rifugiavo nel fatto che c'erano tante persone intorno a me, mi dicevo di resistere anche per loro perché mi stavano aspettando".

Zaki è stato finalmente scarcerato il 7 dicembre 2021 dopo un calvario durato 22 mesi. Mesi terribili durante i quali si era mossa l'Europa attraverso David Sassoli e si erano tenute manifestazioni di sostegno, mentre Bologna, l'11 gennaio 2021, dichiarava Zaki cittadino onorario. Poi arriva finalmente il sì del Senato alla richiesta del governo per la cittadinanza italiana.

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