Mircea Lucescu era alla guida della Dinamo Kiev quando la Russia ha invaso l'Ucraina. Il tecnico, che oltre ad allenare in Italia squadre come Pisa, Reggiana, Brescia e Inter, ha un passato anche con i russi dello Zenit San Pietroburgo, non riesce a spiegarsi quanto accaduto: "Non avrei mai pensato a una cosa simile, i due popoli hanno sempre vissuto insieme come fratelli: è un problema politico, sarebbe stato meglio non arrivare a questo punto, magari rendere autonome alcune zone e fare un'Ucraina federale. Gli ucraini sono orgogliosi, fieri della loro lingua e cultura: ci sarà una battaglia molto lunga che nessuna vincerà".
di
Giulio Cardone
Ai microfoni di Radio Anch'io Lo Sport, il tecnico ha raccontato gli ultimi giorni prima del conflitto e quanto accaduto dopo. "Due giorni prima siamo tornati dalla Turchia, il giovedì ci siamo allenati e sabato dovevamo giocare: la notte invece c'è stato l'incredibile attacco che ha spaventato tutti. Sono rimasto tre giorni, la federazione ha spostato l'inizio del campionato di un mese, ma credo sia difficile possa riprendere. Ho aiutato a far uscire dall'Ucraina gli stranieri verso la Romania e altri paesi – ha sottolineato l'ex Inter -. Gli altri erano rimasti lì, poi è venuta fuori la legge marziale e in quel momento abbiamo deciso di lasciare il paese per aiutare da fuori. Ci siamo organizzati col club per portare via mogli e bambine e i giocatori che avevano diritto di andare via. Sono a Bucarest, con me. Cercheremo di organizzare qualcosa anche per gli altri ragazzi".
Lucescu è certo che anche l'Italia può dare una mano: "Invitino i campioni ad allenarsi, questa guerra finirà ad un certo punto e lo sport è importantissimo. E poi, può aiutare i bambini". Il tecnico rumeno, infine, si dice contrario all'esclusione di atleti russi e bielorussi: "Lo sport è cultura, non ha nulla a che fare con la politica o l'economia: la gente ha bisogno delle emozioni delle competizioni sportive. Non sono d'accordo a non farli gareggiare, non doveva essere fatto. Lo sport è solo aiutare".
di
Raffaele R. Riverso
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