Giuliano Calza sa bene che il suo nome e il suo marchio, Gcds, ai più maturi diranno poco. Nemmeno si sa bene per cosa stia, la sigla: c'è chi dice che indichi Giuliano Calza Design Studio, chi lo traduce con God can't destroy streetwear (Dio non può distruggere lo streetwear), ma per il designer napoletano, 33 anni, la cosa non è un problema.
Perché i più giovani, quelli a cui lui si rivolge, lo conoscono, eccome. Grazie alle felpe, allo sportswear, ai pezzi più strani, allo humour, all'impegno sociale, alla capacità di vestire tanto Dua Lipa che Orietta Berti e di collaborare sia con Hello Kitty che con Barilla, Calza è un vero interprete di quest'epoca.
La sfilata di GCDS: usare la paura come motore creativo
Giuliano Calza presenta alla Rotonda della Besana, luogo storico di Milano e antico cimitero dell'Ospedale Maggiore, la collezione autunno/inverno 2022/2023 di GCDS partendo da un concetto apparentemente lontano dal mondo della moda: la paura. Se questo sentimento primitivo e totalizzante può da un lato paralizzare o indurre alla fuga, dall'altro, sostiene Calza, può essere esorcizzata diventando un potente motore creativo. Come? Attraverso la moda, ammantandola di glamour, di colore, di ricami floreali e pietre, persino di stampe di Hello Kitty. La sfilata è un crescendo: dai balaclava inquietanti, ma ricoperti di fiori ricamati, si passa ai look-yeti di frange rosa o bianche, per proseguire con la sensualità di tute di rete nera e rosa e chiudere infine con un look dai richiami fetish. In passerella sfila anche Chloe Cherry, star di Euphoria.
Come sceglie chi vestire tra i vip?
"Gcds per me è come un album delle figurine, ma al posto dei calciatori io colleziono persone e ricordi. E avendo un immaginario così colorato, posso davvero fare di tutto: anche trasformare Orietta Berti a Sanremo nel mio Uomo Ragno, in paillettes rosse e blu".
Lei ha vissuto ovunque. È sempre stato così irrequieto?
"Sempre. Elementari al Rione Sanità, un quartiere popolare di Napoli, liceo a Posillipo tra i figli di papà, perché mia madre, psicoterapeuta, era stata traferita in quella zona. Ma mi annoio, e allora finisco gli studi a Brighton, per poi tornare a casa a fare Scienze politiche. Vinco una borsa di studio per un anno in Cina (parla fluentemente il mandarino, ndr), rientro, riparto per New York; prima però, faccio il test per la Bocconi: mi ammettono. Mi trasferisco a Milano, inizio a lavorare anche per Blumarine. Ma sono insoddisfatto: decido di tentare la fortuna in Cina assieme a mio fratello maggiore Giordano, che molla la carriera in banca per seguirmi. Apriamo sei ristoranti a Shanghai. A ritirare la pergamena di laurea in Bocconi ho mandato la mia amica Gilda".
Quanti anni aveva?
"22, mi pare, o 23".
Poi, che succede?
"Succede che mi cacciano, perché ho richiesto troppi visti. Mi ricordo di una notte al casinò di Macao, dove ero andato per cercare di risolvere il problema, passata a piangere al telefono con mia madre. Rientro a Milano, portandomi i calzini e le felpe che nel frattempo avevo prodotto in Cina come test, perché pensavo potessero funzionare. È il 2015: apro un e-commerce, vendo tutto, affitto uno show-room in uno scantinato, sfilo per la prima volta, la stagione dopo mi invitano a New York".
Ci vuole coraggio.
"Mio fratello e io eravamo terrorizzati, non avevamo nessuno alle spalle come invece succede agli esordienti all'estero, per non parlare di quelli ricchi di famiglia. Siamo stati incoraggiati, sì, ma nient'altro. Ce la siamo vista da soli.
In Italia non è facile per un esordiente.
"Per niente. I media mi hanno notato solo quando le vendite sono esplose".
Le sue prime collezioni erano di felpe, l'ultima sfilata era dedicata a Dracula e all'horror. Bel percorso.
"Gli strumenti me li ha dati il vivere a lungo in giro, a contatto con il mondo intero. L'inclusività per esempio, di cui oggi tanto si parla e che per me è stata essenziale dal principio. Alla fine è solo una questione di conoscenza del prossimo".
Cosa la fa arrabbiare di più?
"Che ci sia ancora chi pensa che Gcds non sia un brand "serio" solo perché facciamo felpe. Come se per farle non servissero settimane di prove e ricerche. Gcds è made in Italy, solo che tanti identificano il termine con la sartoria tradizionale. All'estero non ci sono certi preconcetti, qui restiamo quelli "giovani", quindi inesperti e vacui. E così, in Cina ho 17 monomarca, in Italia, che è il mio cuore, 3. Più uno in apertura".
Succede ancora?
"Sa a quante riunioni sono guardato con sufficienza perché sono il più giovane? E invece sono quello con più esperienza, che ha visto più posti e incontrato più persone. E che ha guadagnato più soldi".
Perché tanto scetticismo? Il pubblico è restio alle novità?
"In Italia si crede che funzioni solo ciò che già si conosce. Non è così, i ragazzi oggi vogliono distinguersi".
A proposito di novità: la prima sfilata nel metaverso è stata la sua, nel settembre 2020 .
"Sì, e ne sono molto orgoglioso, anche se all'inizio i media non hanno capito che i "modelli" fossero avatar progettati per riprodurre i gesti degli esseri umani".
Che consigli darebbe a chi vuole intraprendere questa strada?
" Lo dico sempre a chi sui social mi chiede se lasciare o meno l'università per dedicarsi alla moda. Gli studi vanno finiti, il più in fretta possibile
e al meglio delle proprie possibilità. Poi ci si può dedicare alla moda".
Altro?
"Che le cose succedono solo se tu le fai succedere".
Questo quando l'ha imparato?
"A sette anni. Per una vendita al circolo di mia madre ho fatto dei segnalibri ritagliando le figure dei miei libri di fiabe. Li ho venduti tutti, guadagnando 500mila lire: ero sconvolto che una mia idea mi avesse fruttato tanto".
Che ne ha fatto dei soldi?
"Ho comprato pennarelli e colori. Ho sempre ragionato in prospettiva"
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