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L’Italia dei “Green Heroes” che hanno trasformato i problemi in soluzioni

Molto spesso dei social network si raccontano le insidie, i pericoli, le distorsioni. Sui social si possono vivere esperienze pesanti, con il rischio di vedersi travolti da ondate di odio incontrollato o assediati da fake news, costruite e propagandate ad arte. Tutto vero: si tratta di strumenti molto potenti, che vanno maneggiati con cura e mai sottovalutati.

L'iniziativa

Le prime 101 aziende eroiche che hanno già cambiato tutto


Sono luoghi dove, però, in maniera opposta e speculare, possono accadere cose sorprendenti e dove possono crearsi connessioni in grado di innescare reazioni a catena, virtuose e generative. È il caso dell'incontro tra un artista continuamente in evoluzione, estremamente popolare e amato dal grande pubblico, ed un'ingegnera ecologista, da sempre professionalmente impegnata nel contrasto ai cambiamenti climatici: il primo alla ricerca di un modo serio di mettersi a disposizione di una causa sempre più sentita ed urgente, la seconda consapevole di un grande limite comunicativo dell'ambientalismo scientifico, mai abbastanza efficace nel raggiungere la coscienza popolare e nel mostrare il cambiamento in chiave sostenibile come un'immensa opportunità.

Un incontro su Twitter che si è trasformato rapidamente in un dialogo serrato e schietto e, poco dopo, in un incontro in carne ed ossa, convocato coinvolgendo esperti ed esponenti della comunità scientifica, impegnati sui diversi fronti della transizione ecologica.
Gli obiettivi erano molteplici e decisamente ambiziosi: ripulire il campo da fake news; evitare di cadere nelle trappole del greenwashing; individuare i giusti strumenti per approfondire la complessità e la gravità delle crisi ambientale, climatica e sociale che stiamo affrontando… E poi, ancora: capire come mettere a sistema le potenzialità sul tavolo, per contribuire a quella presa di coscienza collettiva, così fondamentale per poter sperare che le cose cambino davvero, con la necessaria velocità.
È stato immediatamente chiaro quanto fosse importante puntare su un messaggio positivo e propositivo, che non usasse le leve della paura, ma, piuttosto, quelle della speranza e dell'ispirazione. E cosa c'è di meglio di una storia avvincente, per raggiungere un simile obiettivo?
L'Italia è piena di storie meravigliose di imprenditrici e imprenditori visionari, di collettivi e comunità che da lustri hanno saputo trasformare problemi in opportunità, "scarti" in risorse… E che hanno vinto.
Sono le realtà più resilienti del nostro tessuto economico e sociale che non solo sono riuscite a ridurre le emissioni di un certo settore o di un certo servizio, ma che ne hanno rivoluzionato approcci, processi e metodiche, conducendo un virtuoso "salto di specie" da un'economia predatoria e fossile, a una generativa e solidale.

Sono i campioni dell'economia circolare, delle fonti rinnovabili, dell'efficienza energetica, del turismo e della mobilità sostenibili, dell'inclusione e della leadership plurale. Sono realtà già attualmente in grado di generare fatturati a più di sei zeri e decine di migliaia di posti di lavoro, spesso cresciute combattendo coltello tra i denti normative ingessate e burocrazie ginepraio, mentre avrebbero dovuto essere prese ad esempio e sostenute in ogni modo.

Piano piano, chiarendosi l'idea, sono arrivati, ad uno ad uno, le persone e gli strumenti che avrebbero consentito la costruzione del team e del progetto: il Kyoto Club, associazione da sempre impegnata nel diffondere cultura e strumenti per il contrasto ai cambiamenti climatici, ha garantito la copertura scientifica dell'operazione e la costruzione di una commissione informale per l'individuazione e la valutazione delle realtà da raccontare (grazie alla risposta entusiastica e operativa, al fianco dell'ingegnera scrivente, del vice presidente Francesco Ferrante); La Stampa Tuttogreen, attraverso la disponibilità dell'allora direttore Roberto Giovannini, lo spazio mediatico (oggi divenuto il Venerdì di Repubblica); la disponibilità di un narratore/divulgatore appassionato come Roberto Bragalone, di una "cacciatrice di heroes" come Sofia Mannelli, di una grafica generosa come Claudia Bartoli (che ha donato di slancio un logo alla causa), i necessari e imprescindibili aspetti operativi.

In un paio di mesi, incastro dopo incastro, l'operazione era pronta ad essere raccontata al mondo, con la capacità dirompente di comunicare dell'attore e regista scrivente.

Da un'eccellenza all'altra, il progetto dei #GreenHeroes ha compiuto tre anni, ha innescato nuove idee imprenditoriali ed è diventato un libro, edito da Piemme. Io e i GreenHeroes, Perché ho deciso di pensare verde (di Alessandro Gassmann con Roberto Bragalone, il supporto scientifico di Kyoto Club e la postfazione di Annalisa Corrado) non è solo una biografia con tratti intimi, commoventi e divertenti, è anche la storia di una presa di coscienza, di un impegno crescente, di una grande popolarità vissuta con responsabilità e senso etico… Che sfocia nell'incontro con un mare di heroes, raccontati ad uno ad uno, in un viaggio virtuoso, su e giù per l'Italia.

Alessandro Gassmann ha deciso di donare i proventi dei suoi diritti di autore per il libro a Kyoto Club per la messa a dimora di alberi da frutto, nell'ambito di progetti ad alto valore sociale. Grazie al supporto operativo della società ESCo AzzeroCO2, questo generoso desiderio ha messo radici nell'ambito del progetto "frutteti solidali".

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