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Psicosi nucleare, i pericoli che le pillole di iodio non possono evitare

SE LA centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, o quella di Chernobyl, dovessero essere violate dall'invasione russa, al punto da generare una fuga di radiazioni, sarebbe sufficiente, per gli italiani correre ai ripari "curandosi" preventivamente con pillole di iodio?
Chi in questi giorni, e sono molti, ne sta facendo incetta pensa di sì. Il risultato è il boom della domanda di compresse anti-radiazioni, a base di iodio appunto, registrato in diversi Paesi europei.
In Belgio e in Olanda, ad esempio, la corsa all'accapparramento delle pillole, distribuite gratuitamente nelle farmacie del Paese, è iniziata la scorsa settimana, con consegne che hanno toccato quota 30mila confezioni al giorno. Ma in molti non conoscono i pericoli che le pillole di iodio non possono evitare.

Cosa sono e a cosa servono le pillole di iodio?

Ma cosa sono realmente le pillole a base di iodio e quando servono? In caso di contaminazione radioattiva dell'ambiente, ad esempio dopo un disastro nucleare, come l'esplosione di un reattore o di una bomba, radionuclidi volatili possono essere rilasciati nell'atmosfera, tra cui lo iodio-131, un isotopo radioattivo che, se inalato o ingerito, ha la particolarità di essere facilmente assorbito dalla ghiandola tiroidea, con effetti negativi sulla salute e il conseguente rischio di cancro alla tiroide.
Questo assorbimento può essere però bloccato attraverso l'assunzione di iodio stabile (non radioattivo, generalmente sotto forma di ioduro di potassio), che porta alla saturazione della ghiandola tiroidea. Per cui, se somministrato prima o all'inizio dell'esposizione allo iodio radioattivo riduce efficacemente le conseguenze dell'esposizione.

Iodio anti radiazioni, cosa sono e quando servono le compresse

di

Irma D’Aria


La profilassi da seguire

Per una profilassi ottimale, la somministrazione orale di iodio stabile deve avvenire prima dell'esposizione e poi quotidianamente, fintanto che i rischi di inalazione o ingestione di cibo e acqua contaminati da radioisotopi iodici sono significativi. L'effetto protettivo di una compressa dura circa 24 ore, per cui l'assunzione non trova applicazione come terapia preventiva in assenza di esplosione atomica o incidente nucleare, e non offre protezione contro altre sostanze radioattive da cui, in caso di emergenza, è necessario ripararsi.

Quello che le pillole non riescono a evitare

Tuttavia, anche se l'esplosione ci fosse, una parte di radioattività le pillole di iodio non riuscirebbero a "disinnescarla". L'esempio di quando e come ciò avvenga, lo porta il professor Alfredo Pontecorvi, primario di Endocrinologia all'Istituto di Patologia e Semeiotica Medica del Policlinico Gemelli e docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore. "Ricordiamoci quello che successe a Chernobyl, il 26 aprile del 1986: ci fu un'esplosione e si liberò radioattività, per la maggior parte iodio radiattivo – spiega Pontecorvi – . Per questo, a distanza di pochi anni, si svilupparono tumori della tiroide".
E prosegue: "I russi, in quell'occasione, non avvisarono i Paesi vicini, nemmeno l'Ucraina, che cinque giorni dopo, il 1° maggio, celebrò la consueta Festa del comunismo all'aria aperta. Per cui la nube radioattiva ricadde sulle persone inconsapevoli di quel pericolo, compresi molti bambini. Di conseguenza si svilupparono tanti tumori alla tiroide".

Le sostanze che avvelenano l'organismo

"Ma ricordiamoci che, oltre allo Iodio 131, sono anche altre le sostanze radioattive che si possono liberare nell'aria. E che, entrate nell'organismo, provocano effetti che una pillola a base di iodio non può certo prevenire o eliminare – sottolinea Pontecorvi – . Parlo, ad esempio, del Cesio-137, che ha una emivita di 30,17 anni e dello Stronzio 90, che ne ha una di 28,8 anni. Entrambi possono fissarsi sulle ossa, irradiare il midollo e alla lunga provocare leucemia. Nell'aria si può liberare pure il Plutonio-239, e anche in questo caso le pastiglie di iodio non servono. Anzi un eccesso può essere dannoso".

L'esempio di Hiroshima e Nagasaki

Cosa diversa, precisa l'esperto, era avvenuta in seguito alla bomba nucleare scoppiata a Hiroshima e Nagasaki, o negli atolli del Pacifico: "Lì si svilupparono soprattutto leucemie e linfomi, mentre le patologie della tiroide vennero dopo 20 anni". "Da questo punto di vista, a Chernobyl avvenne il contrario – spiega Pontecorvi – . Non ci fu un aumento delle leucemie, ma di tumori della tiroide, soprattutto con una specifica alterazione genetica, molto probabilmente causati dalle radiazioni".
"Quindi, se dovesse scoppiare un ordigno, e diffondere radiazioni, bisognerebbe vedere come ciò avviene: come scoppia e cosa libera nell'aria – conclude il professore – . Lo iodio radiattivo si può coprire con la pillola, però deve essere fatto in modo mirato e controllato. Infatti i polacchi, nel caso di Chernobyl fecero in tempo a distribuire pillole di ioduro di potassio, iodio freddo che captava quello caldo, ossia lo iodio radiattivo che c'era nell'aria, e così tra la popolazione in Polonia non ci furono contagi".

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