Negli atti relativi a un procedimento che oppone la ONG Sea-Watch alle capitanerie di porto di Palermo e di Porto Empedocle e al Ministero delle infrastrutture del governo italiano, si trovano le Conclusioni di Athanasios Rantos, l'avvocato generale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, chiamato ad accompagnare e sostenere il giudizio della Corte. Giudizio che ancora deve arrivare. E tra le pieghe delle argomentazioni dell'avvocato generale – ovvero nella nota 44 – ecco una singolarissima lettura della parabola evangelica del Buon Samaritano.
In sintesi, il racconto del Nuovo Testamento si fonda sulle categorie di misericordia e compassione e ispira – dovrebbe ispirare – un sentimento di empatia fraterna e un atteggiamento di solidarietà nei confronti di chi soffre. Ma, evidentemente, è cruciale la domanda che pone il dottore della Legge: "Chi è il prossimo tuo?". In altri termini, a chi prestare soccorso? Gesù risponde indicando nell'uomo "spogliato" e "mezzo morto" il "prossimo": il destinatario dell'atto solidale. Il senso della parabola è limpido, ed è questa una delle ragioni che ne ha fatto un archetipo dei valori universali. L'amore di cui parla Gesù non è quello ostentato nei riti religiosi del tempio dal sacerdote e dal Levita, ma è quello concretamente espresso dal Samaritano, appartenente a un popolo idolatra disprezzato dai giudei. L'amore, dunque, non risiede nelle cerimonie del culto tradizionale, ma negli atti dell'uomo che "fascia le ferite, versandovi olio e vino" e "si prende cura di lui".
L'amore è la piena oblatività dell'azione, indirizzata verso lo sconosciuto, il lontano, lo straniero. E motivata dalla compassione (la capacità, cioè, di patire insieme). Viene in mente un brano del bel libro di Eshkol Nevo, La simmetria dei desideri, pubblicato da BEAT (e come audiolibro da Emons), dove si racconta della solidarietà, in territorio israeliano, tra una ebrea e un arabo.
Invece, e inaspettatamente, questo testo così radicale viene piegato dall'avvocato generale della Corte di Giustizia a una interpretazione "di mercato". Sentite: "La vita umana e il suo salvataggio è, ovviamente, il valore prevalente (su qualsiasi altra considerazione). Tuttavia, il 'dovere del Buon Samaritano' non è esente da obblighi. Ad esempio, per quanto ciò possa avere un interesse, è ben vero che il Buon Samaritano del Testamento ha salvato la persona in pericolo senza esitazione. Tuttavia, egli l'ha trasportata in un luogo sicuro (una locanda) a proprie spese, con il mezzo di trasporto più sicuro (il proprio asino), si è preso cura di tale persona senza trasferire tale onere su altri e ha dato il proprio denaro al locandiere perché nel frattempo si prendesse cura di lei, promettendogli che 'ciò che spenderai in più, te lo renderò al mio ritorno'. I confronti, talvolta, sono difficili…".[Ritorno a capo del testo] Come si è detto, siamo in presenza di uno dei brani evangelici più letti e discussi, ma credo che nella storia dell'esegesi del Nuovo Testamento mai era stata azzardata una interpretazione altrettanto economicistica: comicamente economicistica, direi. Colpisce che le vittime di una tale lettura possano essere gli ultimi tra gli ultimi: coloro, cioè, che muoiono sommersi dalle onde del mare Mediterraneo.
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