L’opera d’arte, ci ha insegnato Cesare Brandi, si manifesta alla coscienza che la riconosce come tale, vivendo in una realtà estetica indipendente da quella fenomenologica, e da questa separata. Tale realtà spostata dall’esistenza non riguarda invece l’artista, che vede svolgere e concludere la sua vita, ma che grazie alla sua opera non cessa del tutto di esistere.
Se non fosse scomparsa nel 2017, Mirella Bentivoglio avrebbe compiuto un secolo il prossimo 28 marzo. Un lungo corso che ha attraversato il Novecento, ed è rimasto creativo e operativo fino alle prime decadi del terzo millennio. Molte significative manifestazioni giungono quest’anno a celebrare l’anniversario di Mirella Bentivoglio, ponendo ancora più in risalto l’attività di una personalità originale e per molti versi profetica nelle sue visioni e intuizioni.
Dopo l’esordio come poetessa in versi, l’artista ha operato dalla seconda metà degli anni Sessanta nel territorio delle sperimentazioni verbovisive, nei movimenti della poesia concreta, della poesia visiva, e con una personale formulazione poetica di assemblaggi tridimensionali e di libri-oggetto lapidei. Dalla metà degli anni Settanta, l’ampliamento delle scelte espressive ha incluso anche l’estensione dell’operazione creativa nello spazio, mediante interventi in grande scala, strutture simboliche di matrice linguistica e azioni fonetiche.
di
Leonetta Bentivoglio
Già solo in due decadi della sua lunga carriera creativa, l’artista colloca la molteplice portata di lavori logoiconici che, anche mediante l’uso del corpo, della voce, dell’intervento nello spazio, hanno condotto la verbovisualità a intersecare altre traiettorie di ricerca dell’arte contemporanea (come la land art o la performance). Il suo percorso inoltre può apparire volto a materializzare la parola o la lettera alfabetica, a visualizzare un concetto poetico, e a dare voce alla scrittura astratta sedimentata nella materia, affiorante tra le venature della pietra o del marmo. Per questo carattere tangibile spesso le sue opere vengono apparentate alla scultura, ma non è del tutto esatto, perché le creazioni di Bentivoglio non cessano mai di essere componimenti dalle valenze liriche ed evocative.
Questo lavoro poetico, poliedrico e coerente, è animato da due rappresentazioni che potrebbero apparire divergenti. Se da una parte Bentivoglio sente il linguaggio verbale come qualcosa di reale, dotato di una concretezza fisica, è anche vero come tale linguaggio sia inafferrabile, inaccessibile nel tentativo di chiarire, descrivere, appianare ciò che contiene la sua stessa ambiguità semantica, o la pluralità di significati, doppi sensi e giochi di parole (riconducibili, nel lavoro dell’artista, anche a un’ascendenza dadaista). Eppure la confluenza di questo duplice sentire è possibile e coesiste nella necessità di frangere la parola. Perché se il linguaggio è qualcosa di materiale, si può assistere al suo concreto rompersi. Perché se il linguaggio è territorio dell’indeterminato, può e deve essere frantumato e infranto, ricondotto all’origine ricostituendosi come immagine e rivelando il suo profondo significato (la scrittura ha radici ideogrammatiche).
Mirella Bentivoglio: poetessa, artista, critica, curatrice, protagonista del mondo della ricerca verbovisuale italiana e internazionale nacque a Klagenfurt (in Austria) nel 1922 da genitori italiani. Autrice, fin dalla prima giovinezza, di libri di poesie in italiano e in inglese ha in seguito trovato espressione al suo richiamo per l’uso congiunto del linguaggio verbale e dell’immagine, legandosi ai movimenti verbovisivi delle neoavanguardie artistiche internazionali della seconda metà del XX secolo, divenendone una protagonista. In occasione del centenario dalla nascita sono numerose le iniziative e le mostre che la ricorderanno
La lettera O, ad esempio, viene sostituita dalla forma dell’uovo. Ma in questo passaggio non è il simbolo (immagine) che deriva dal segno (lettera), piuttosto è il contrario. Il recupero dell’immagine è un percorso a ritroso, un percorso all’origine, che proprio nell’uovo trova la sua più calzante materializzazione.
A tal proposito, rappresentativa è la Struttura simbolica denominata Ovo di Gubbio, realizzata dietro invito di Enrico Crispolti nel 1976 nell’ambito della Biennale di scultura. Un grande intervento sul territorio, crollato nel 2004, che aveva per l’artista anche un significato ulteriore, dedicato all’adultera lapidata, giustiziata da quelle pietre che, simbolo di morte, forgiavano invece il simbolo della vita. L’opera ha saputo così integrarsi all’ambiente circostante, in senso storico, paesaggistico, sociale, rispondendo perfettamente alla richiesta tematica della Biennale, da far decadere quella connotazione femminile e femminista in favore di un più durevole significato, dettato della solidità della sua forma in grado di veicolare l’universale potenza generata dall’immagine archetipica.
Le pietre del territorio rivestono la struttura realizzata appositamente per quello spazio, come se da quello spazio fosse stata generata, come se vi fosse sempre esistita, ridefinendo la toponomastica dell’area della Ficara, ribattezzata dagli eugubini come dell’Ovo. La sua caduta aveva letteralmente lasciato un vuoto; ma il prossimo 3 aprile è prevista l’inaugurazione della riedificazione della struttura, restaurata mediante un progetto realizzato grazie alla collaborazione tra Università dei Muratori Scalpellini e Arti congeneri di Gubbio, Comune di Gubbio e Archivio Bentivoglio di Roma, volontari eugubini e sponsor del territorio, e con la partecipazione dell’artista Toni Bellucci, collaboratore e amico della Bentivoglio.
di
Lucio Luca
Non poteva un simbolo essere più appropriato per commemorare il centenario della nascita di Mirella Bentivoglio. Singolare pensare che il concetto di Monumento era stato creativamente affrontato dall’artista, e risolto ancora una volta con la scelta della rottura, perché esso rappresenta il feticcio, la retorica, l’ampolloso passato. I monumenti non piacevano a Mirella Bentivoglio perché celebrano la morte. Ebbene questo è davvero il monumento dell’artista perché celebra la vita e non la sua vita.
Grazie alla sensibilità delle eredi, figlie dell’artista, e alla vivacissima collaborazione del gallerista Paolo Cortese, sono stati programmati altri importanti appuntamenti per la celebrazione del centenario. A Gubbio, in occasione della riedificazione dell’Ovo sarà allestita una mostra documentativa relativa alle operazioni di restauro presso il Museo della Pietra.
Si segnala anche la partecipazione dell’artista alla 59 edizione della Biennale di Venezia, Il latte dei sogni (a cura di Cecilia Alemani, dal prossimo 23 aprile), proprio con la sua Storia del monumento (1968), nella “capsula” Corpo Orbita che in parte si ispira esplicitamente alla Materializzazione del linguaggio, curata da Bentivoglio stessa nel ‘78 per la Biennale.
ln autunno, dal 13 ottobre, verrà dedicata all’artista una importante rassegna antologica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, curata da Nicoletta Boschiero, responsabile della Casa d’arte Depero di Rovereto; un contatto che sarebbe stato molto gradito a Mirella Bentivoglio per la fondamentale paternità dell’avanguardia futurista nei confronti dei movimenti logoiconici della seconda metà del novecento. Si tratta della prima grande mostra istituzionale dopo la morte dell’artista, un vero ritratto, ricco di sfaccettature, nel quale sarà dato risalto anche alla sua attività critica e al suo personaggio. Cento opere per rappresentare la ricorrenza dei cento anni dalla nascita.
E ancora, l’8 marzo si inaugurerà l’Altra faccia della luna, a cura di Paolo Cortese e Davide Mariani, presso la Galleria Gramma Epsilon di Atene e l’Istituto Italiano di Cultura, grazie al lavoro dell’ambasciatrice Patrizia Falcinelli. Si tratta della seconda tappa di una mostra personale tenuta alla Stazione dell’Arte di Ulassai, il museo dedicato a Maria Lai, che costituisce la prima retrospettiva di Mirella Bentivoglio in Grecia, in una doppia esposizione.
Il titolo della mostra rimanda a una collettiva cui l’artista aveva partecipato nel 1978, curata a Roma da Giorgio Di Genova; e a sua volta è il titolo di un libro d’artista cartaceo, per le edizioni Eos di Piero Varroni (2013), esposto all’Istituto Italiano di Cultura di Atene. Corredano il progetto espositivo una sezione dedicata alle artiste di cui Mirella Bentivoglio si è occupata, nella Sala Callas dell’Istituto, con la presenza di un video, coordinato da Paolo Cortese, per la regia di Carlo Canè e Andrea Bevilacqua (con interviste a Francesca Cataldi, Anna Esposito, Renata Prunas, Gisella Meo, Franca Sonnino e Franca Zoccoli); e un catalogo bilingue con testi del curatore Davide Mariani, di Rosanna Ruscio, e una sintesi biografica della sottoscritta (edizioni Postmedia books).
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