Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Una Spoon River che racconta le vite di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di tre lavoratori al giorno non fa ritorno a casa e "Morire di lavoro" vuole essere un memento ininterrotto rivolto a istituzioni e politica fino a quando avrà termine questo "crimine di pace".
"Le case altissime, dalle facciate tinte di un intonaco biondo, dove il rosa e il verde si confondono, splendono al sole con riflessi d'oro e di verderame, come l'acqua dei canali sparsa di chiazze d'olio". Curzio Malaparte lo ha dipinto così il quartiere Venezia di Livorno, dove Marco è nato e cresciuto e dove adesso lo piangono ricordando le infinite estati dell'infanzia. "Abbiamo vissuto insieme i migliori anni della nostra vita – racconta Valter ai cronisti locali – quando in Venezia c'erano ancora le case bombardate dalla guerra e ci nascondevamo tra i ruderi. Erano quei tempi lì, quando il quartiere era una grande famiglia e ci conoscevamo tutti". I ragazzini terribili degli Scali del Pesce, diventati uomini ma sempre uniti. Tonio, il papà di Marco, era l'allenatore della polisportiva e tanti di loro li ha portati dalla strada al campo di calcio. Marco Cecchi non c'è più. E' morto per un incidente sul lavoro accaduto a Rosignano Marittimo sul litorale livornese: nel cantiere stradale è rimasto schiacciato tra un camion e un'auto. Di lì a dieci giorni avrebbe compiuto 56 anni e come regalo era pronto il contratto a tempo indeterminato con la ditta che lo aveva assunto. Finalmente ce l'aveva fatta, dopo tanto precariato da operaio edile.
Una Spoon River per non dimenticare
di Marco Patucchi
"Ciao Marchino- scrive Alessandra sui social -che dolore! Eri proprio un bravo ragazzo. Eravamo piccoli…". E Stefano "Mi dispiace….da piccoli giocavamo insieme ai Bagni Trotta". Ancora gli anni più belli: "Ho passato la mia infanzia con lui, nella sua casa in Venezia – scrive Alessandro – . Quando siamo cresciuti ci siamo un pò persi di vista perchè ho cambiato città, ma quando ci incontravamo mi salutava come sempre sorridendo contento: 'Bello Ale'. Ho il cuore devastato". Il cuore. Il cuore di Marco che ha lavorato per tanto tempo come volontario della Svs. Il cuore spezzato della moglie Arianna e della figlia ventiduenne Giorgia che si è fatta forte e sui social lo ha salutato così: "Eri il mio 'papi' e lo sarai sempre. Grazie per tutto quello che sei riuscito a insegnarmi. Mi dispiace che non sarai tu un giorno ad accompagnarmi all'altare, come doveva essere, mi dispiace che non ti godrai i tuoi nipoti, però sappi che vivi dentro di me e che parlerò a tutti di te, sempre, per l'uomo e il padre che eri. Se solo avessi immaginato tutto questo, non sarebbe bastato l'ultimo abbraccio che ci siamo dati, ma ti avrei stretto ancora più forte a me".Original Article