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Formazione, un affare da 6mila miliardi

Globalizzazione, innovazione tecnologica e dinamiche demografiche stanno profondamente cambiando il mondo del lavoro. Già prima della pandemia l’Ocse stimava che nei prossimi 15-20 anni l’automazione finirà per cancellare il 15% circa degli attuali posti di lavoro, mentre per un ulteriore 32% della forza lavoro saranno richieste mansioni e competenze sostanzialmente diverse da quelle attuali, e la crisi da Covid non ha fermato queste tendenze, ma probabilmente ha finito con l’imprimere un’accelerazione.

È indispensabile quindi migliorare le competenze fornite da scuole e università, ma anche le abilità e le conoscenze delle persone in età adulta, si parla di life long learning, di formazione permanente, e non a caso un’istruzione di qualità equa e inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti compaiono tra gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile individuati dalle Nazioni Unite. Ma quello dell’istruzione in senso ampio, dell’education per adoperare il termine inglese, è un settore particolarmente interessante anche dal punto di vista degli investimenti. «Il settore dell’education è un mercato globale dal valore attuale di 6.000 miliardi di dollari e si calcola che raggiungerà i 10.000 miliardi di dollari entro il 2030, ma è attualmente sottostimato dagli investitori» sottolinea Luca Fasan, fund manager di Global Education, fondo azionario globale sostenibile, ha l’obiettivo di investire nelle società che migliorano l’accessibilità all’educazione e la sua qualità, gestito da Sycomore A.M., società della piattaforma multi-boutique di Generali Investments. Tre i driver di crescita di questo mercato indicati da Fasan. Per cominciare, c’è il gap tra ciò che richiede il mercato del lavoro e quello che è disponibile in termini di competenze delle persone e le società che contribuiscono a chiudere questo gap cominciano a crescere in maniera sostanziale.

La crescita della classe media, in particolare nei paesi emergenti, dovrebbe poi portare da qui al 2030 un miliardo di nuovi studenti che si registrano per una prima formazione, per una quota rilevante rappresentati da adulti. C’è, infine, la spinta derivante dall’adozione della tecnologia: «La pandemia ha dimostrato che è possibile rompere il legame che c’è tra l’aula, il luogo fisico dove si seguono le lezioni, e il processo educativo». Con la possibilità di seguire corsi e lezioni da casa o dal posto di lavoro si risponde a uno dei principali obiettivi delle Nazioni Unite, l’accessibilità, e la tecnologia, spiega Fasan, consente anche di aumentare la produttività degli insegnanti, perché consente di creare percorsi personalizzati di apprendimento e di raggiungere un maggior numero di studenti, un aspetto molto importante visto che nei prossimi decenni uno dei problemi sarà proprio la carenza di docenti.

Il fondo di Sycomore si concentra su tre tipologie di aziende: gli education provider, scuole e università quotate ma anche aziende che producono contenuti e servizi per l’istruzione e la formazione. Gli enabler aiutano a creare condizioni di apprendimento favorevoli, ad esempio fornendo il supporto tecnologico per l’insegnamento online, e ci sono poi le aziende che sponsorizzano progetti di formazione per aiutare i propri dipendenti, ma anche programmi rivolti a clienti, distributori e fornitori oppure alle comunità in cui operano.

Opportunità di investimento che sono destinate ad ampliarsi, i governi hanno compreso che c’è bisogno di un maggior contributo del capitale privato, c’è spazio anche per gli “unicorni”. «Nei prossimi 12-18 mesi prevediamo che in tutto il mondo si quoteranno più di 20 società, per un valore totale di 64 miliardi di euro — anticipa Fasan. — Nell’ultimo anno abbiamo visto arrivare sul mercato società come Coursera, che offre formazione per adulti ma anche corsi universitari online, Udemy, il più grande fornitore al mondo di corsi online, e Duolingo che utilizza l’intelligenza artificiale per l’insegnamento delle lingue».

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