Il rosa è il nuovo verde, perché il pinkwashing è un tipo di “lavaggio” apparentemente solidale che piace – in alcuni casi perfino più del greenwashing – a governi, aziende e istituzioni internazionali. E, causa pandemia, ha fatto anche nuovi proseliti.
Ma partiamo da noi, dall’Italia: «A dicembre 2021 l’occupazione femminile si è ripresa, è arrivata al 50,5%, superando anche il dato di febbraio 2020, quello pre-crisi (50%). Ma si tratta, principalmente, di lavoro precario e a tempo determinato».
Linda Laura Sabbadini invita a guardare oltre ai numeri, lei che di cifre e calcoli conosce ogni sfaccettatura, come direttrice centrale dell’Istat, statistica e pioniera degli studi sociali e di genere.
«Questa ripresa è positiva, ma evidenzia un problema strutturale», prosegue Sabbadini. «Già le crisi precedenti, del 2008 e del 2013, avevano peggiorato la qualità del lavoro delle donne. E questo pesa ancora. Oggi il part-time involontario (cioè imposto dalle aziende) è il triplo di quello della media europea e supera il 60%. Siamo penultimi nella Ue come tasso di occupazione femminile e ultimi se ci concentriamo sulla fascia 25-34 anni. La Germania e il Regno Unito viaggiano sopra al 70% di donne con un lavoro, la Francia è al 68%. E pensare che l’Unione Europea si era data come obiettivo il 60% per il 2010». Noi ci arriveremo mai? «Non c’è nessuna garanzia», è l’opinione di Sabbadini. Perché le politiche sociali e di genere non sono mai all’altezza. «Quando le leggi ci sono, non vengono finanziate. Da anni siamo imprigionati da un’ottica di puro pinkwashing. Un esempio. Nel 1971 è stata approvata la legge che istituiva gli asili nido pubblici, ma oggi solo il 12% dei piccoli li frequenta. L’obiettivo tra i Paesi europei era del 33% già entro il 2010. Forse noi ci arriveremo nel 2027.
Parliamo del Pnrr. Le priorità di investimenti sono state date a rivoluzione tecnologica e transizione ecologica, che incidono soprattutto sull’occupazione maschile. «L’impegno c’è, ma le infrastrutture sociali per prima infanzia, tempo pieno, salute, assistenza ad anziani e disabili, non sono sullo stesso piano di quelle economiche. L’8 marzo diventi una buona occasione per prendere coscienza che serve un cambiamento di paradigma», invita. Anche la formazione è un problema. Le donne italiane sono più istruite e laureate degli uomini (seppur sotto la media europea), ma non arrivano a posizioni apicali e sono poche quelle che studiano Stem: «Dobbiamo cambiare modo di insegnare le materie scientifiche, battendo gli stereotipi di genere», insiste Sabbadini. «Io mi sono appassionata ai numeri grazie a una mia insegnante delle medie, Emma Castelnuovo. Con lei la matematica era intuizione e creatività, non calcolo mnemonico». Ma il gender gap è soprattutto un problema culturale. E non solo italiano. Un rapporto sui Paesi Ue presentato a Bruxelles dall’eurodeputata ungherese Katalin Cseh evidenzia che nell’80% dei casi la cura di bambini e persone deboli è affidata a informal carers, cioè membri della famiglia e non personale specializzato. E nel 75% dei casi chi cura è donna. «Servirebbe un contratto sociale, che garantisca un supporto finanziario e concreto perché per molte donne questo è un secondo lavoro», ha detto Cseh.
Nel 2021 però ci sono state anche buone notizie, passi in avanti. Otto Paesi nel mondo hanno eletto per la prima volta una donna come capo di Stato o di governo (sono Svezia, Estonia, Moldavia, Tunisia, Tanzania, Uganda, Samoa e Barbados). E l’Organizzazione mondiale del commercio ha ora come direttore generale Ngozi Okonjo-Iweala, prima donna e prima africana a rivestire questo ruolo. E se le ultime Olimpiadi sono state le più gender-equal della storia, qualcosa si muove anche nel campo dei diritti. Due esempi? La Spagna ha approvato una legge che definisce stupro qualsiasi tipo di atto sessuale non consensuale, senza interpretazioni o equivoci e con pene inasprite. E in Libano si è messo uno stop al numero spaventoso di spose bambine, vietando il matrimonio alle minori di 15 anni.
Sono tante, le ragazze coraggiose, che servirebbe un’infinita scorta di carta per raccontarle tutte. Repubblica ha deciso di iniziare intanto con 4 volumi, una collana inedita dal titolo Le intrepide, che sarà in edicola con il quotidiano proprio a partire dall’8 marzo, curata da Anna Mainoli, Laura Maggioni ed Eloisa Guarracino e illustrata da Giulia Rossi. È dedicata alle donne di tutti i tempi e raccoglie profili dalla storia unica, ma al tempo stesso universale. Vite incredibili sotto i riflettori della ribalta o nascoste nel silenzio di un laboratorio, sfrontate o vissute dietro un’apparente normalità. Sempre e comunque vite intrepide di donne che hanno osato essere se stesse e inseguire le proprie vocazioni. Ogni capitolo sarà dedicato a campi diversi. Scienza il primo, arte e spettacolo il secondo, letteratura e filosofia quello successivo e storia e politica l’ultimo. Le introduzioni sono curate da grandi firme di Repubblica: Chiara Valerio, Elena Stancanelli, Viola Ardone e Concita De Gregorio. Il primo volume raccoglie le vite di chi ha saputo superare i confini della propria epoca dedicandosi ad attività normalmente precluse al sesso femminile. Sono matematiche, come Gaetana Agnesi, fisiche come Laura Bassi, inventrici come Hertha Ayrton, esploratrici come Amelia Earhart, ricercatrici come Maria Sibylla Merian. Alcune note, molte ancora sconosciute, nonostante il loro enorme contributo al progresso umano. Si comincia l’8 marzo quindi con: Donne oltre i confini, tra scienza ed esplorazione.Sono tante, le ragazze coraggiose, che servirebbe un’infinita scorta di carta per raccontarle tutte. Repubblica ha deciso di iniziare intanto con 4 volumi, una collana inedita dal titolo Le intrepide, che sarà in edicola con il quotidiano proprio a partire dall’8 marzo, curata da Anna Mainoli, Laura Maggioni ed Eloisa Guarracino e illustrata da Giulia Rossi. È dedicata alle donne di tutti i tempi e raccoglie profili dalla storia unica, ma al tempo stesso universale. Vite incredibili sotto i riflettori della ribalta o nascoste nel silenzio di un laboratorio, sfrontate o vissute dietro un’apparente normalità. Sempre e comunque vite intrepide di donne che hanno osato essere se stesse e inseguire le proprie vocazioni. Ogni capitolo sarà dedicato a campi diversi. Scienza il primo, arte e spettacolo il secondo, letteratura e filosofia quello successivo e storia e politica l’ultimo. Le introduzioni sono curate da grandi firme di Repubblica: Chiara Valerio, Elena Stancanelli, Viola Ardone e Concita De Gregorio. Il primo volume raccoglie le vite di chi ha saputo superare i confini della propria epoca dedicandosi ad attività normalmente precluse al sesso femminile. Sono matematiche, come Gaetana Agnesi, fisiche come Laura Bassi, inventrici come Hertha Ayrton, esploratrici come Amelia Earhart, ricercatrici come Maria Sibylla Merian. Alcune note, molte ancora sconosciute, nonostante il loro enorme contributo al progresso umano. Si comincia l’8 marzo quindi con: Donne oltre i confini, tra scienza ed esplorazione.
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