ALESSANDRIA – Giovanni Vincenti e Antonella Patrucco sono i responsabili della strage di Quargnento, nella campagna alessandrina, dove nella notte tra il 4 e il 5 novembre 2019 persero la vita tre vigili del fuoco, Matteo Gastaldo, Marco Triches e Antonio Candido. La Corte d’Assise di Alessandria li ha condannati oggi a trent’anni di carcere per omicidio volontario plurimo con dolo eventuale. E al risarcimento delle famiglie delle vittime con 50 mila euro ciascuno.
Dei due, soltanto Vincenti era presente in aula. Per loro il procuratore Enrico Cieri, che rappresentava l'accusa, aveva chiesto la condanna – 30 anni con il riconoscimento delle attenuanti per il comportamento processuale – che è stata poi inflitta ai coniugi. L'udienza di questa mattina si è aperta e subito chiusa dopo che i difensori degli imputati e il procuratore hanno depositato memorie e rinunciato alle repliche, quindi i giudici si sono riuniti in camera di consiglio.
Secondo l'accusa, l'esplosione che causò la morte dei tre vigili del fuoco sarebbe stata appositamente provocata per determinare il crollo del cascinale di proprietà della donna e riscuotere così il premio assicurativo stipulato solo pochi mesi prima. Quando i pompieri giunsero sul posto dopo la prima esplosione seguita da un principio d'incendio, avvertirono il proprietario che però non fece cenno alle altre bombole rimaste inesplose nella cascina, provocando la tragedia.
Alla base delle due esplosioni, infatti, vi sarebbe stato un errato settaggio dei dispositivi che sono scoppiati in due fasi successive. Se tra la prima e la seconda esplosione Vincenti avesse avvertito i pompieri del pericolo, insomma, la strage si sarebbe potuta evitare.
"Ce l'abbiamo fatta, l'avevamo promesso ai nostri figli". E' il primo commento della madre di Antonino Candido, una delle tre vittime nello scoppio di Quargnento, alla sentenza di condanna a 30 anni dei coniugi Vincenti. "Speriamo che li scontino tutti – aggiunge la madre di Marco Triches, un altro dei tre vigili morti – Avevo un figlio stupendo e me l'hanno tolto. Viveva per i valori della vita che io gli ho insegnato". E la mamma di Antonio Candido, Maria Stella Ielo: "Fare il vigile del fuoco era sempre stato il sogno di Antonio, e ha dato la vita per questo, cadendo in quella trappola demoniaca. L'ho giurato sulla sua tomba che non mi sarei arresa finché non avesse avuto giustizia. L'omicida? Mi fa pena. In aula ho visto una persona sofferente, anche sentendolo parlare non mi è mai sembrato molto pentito. Non ci ha mai cercati. Che Dio lo perdoni".
Nelle prime fasi delle indagini, Vincenti si era difeso riferendo di invidie e possibili vendette dei vicini, fino a quando gli inquirenti trovarono nella sua abitazione, in camera da letto, un foglio con le istruzioni di un timer della stessa marca e dello stesso modello di quello rinvenuto all'interno dell'edificio dove si era verificata la prima esplosione e utilizzato per azionare l'innesco: la prova, secondo l'accusa, del suo coinvolgimento, insieme ad altri indizi come il ritrovamento di un flessibile utilizzato per tagliare le inferriate delle finestre dei capannoni per simulare un'effrazione.
L'uomo, a quel punto, di fronte all'evidenza, aveva confessato nel corso di un lungo interrogatorio, al termine del quale era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto. La moglie, invece, era stata inizialmente indagata in stato di libertà.
Ulteriori indagini hanno, però, permesso di accertare che il movente fosse riconducibile all'intenzione di entrambi i coniugi di truffare l'assicurazione. E l'acquisto di alcune delle bombole di gas utilizzate per provocare l'esplosione avvenne alla presenza di entrambi i coniugi, così come il taglio delle grate per simulare un'effrazione.
Infine, la sera della tragedia, anche la Patrucco era stata messa a conoscenza della prima esplosione e della presenza di vigili del fuoco e carabinieri, e così come il marito non aveva fatto nulla per avvertire questi ultimi del gravissimo e imminente rischio per la loro incolumità. In un primo processo, con rito abbreviato, lo scorso luglio i coniugi Vincenti sono già stati condannati a quattro anni per la truffa all'assicurazione.
"Siamo ancora convinti che Vincenti non avesse intenzione di uccidere. Il processo è ancora lungo. Sosterremo in appello la colpa gravissima, non il dolo". Così gli avvocati difensori Lorenzo Repetti e Vittorio Spallasso. "Nessuno – aggiungono, dopo la sentenza – ha mai messo in dubbio che i vigili del fuoco fossero buoni". In un'udienza Repetti aveva detto: "Lasciamo fuori l'emotività dal processo. I vigili del fuoco non dovevano entrare: non c'era nessuno da salvare in quella cascina, non c'era niente e quindi non c'era dovere di sicurezza".Original Article
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