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Montecassiano, via alle analisi del Ris sul delitto di Natale. Ecco tutto quello che non torna nella morte di Rosina

Quarantasei giorni dopo il delitto di Rosina Carsetti, l’anziana di 78 anni strangolata la sera della vigilia di Natale nella sua villetta di Montecassiano, dieci minuti d’auto da Macerata, è attesa la svolta dall'analisi sul materiale sequestrato per incastrare gli ultimi tasselli per risolvere il giallo. Oggi, lunedì 8 febbraio, i carabinieri del Ris di Roma si sono messi al lavoro sul Dna prelevato sotto le unghie della vittima, sui cavi e i calzini usati per imbavagliare e legare i familiari presenti quel pomeriggio nell'appartamento di tre piani alle pendici del piccolo Comune da 7mila anime.

Sul registro degli indagati restano ancora iscritti soltanto tre nomi: la figlia Arianna Orazi, il nipote Enea Simonetti, e il marito di Rosi, Enrico Orazi. Tutti accusati di omicidio volontario, simulazione di reato e maltrattamenti. “Non siamo ancora sull’Alta velocità – è la metafora che filtra dalla Procura di Macerata che conduce le indagini con i carabinieri del Comando provinciale guidato da Nicola Candito e la guardia di finanza – ma stiamo accelerando”.

La difesa dei tre familiari, affidata ai legali Andrea Netti e Valentina Romagnoli, resta fedele alla prima ricostruzione fornita: un ladro disarmato e incappucciato, con indosso dei calzari, “occhi chiari e gelidi, accento dell’Est, sui 35 anni”, scavalca la recinzione, forza la portafinestra che affaccia in cucina, trova Rosina e la uccide. Poi schiaffeggia Arianna, la prende di peso, le infila un calzino in bocca e la lega a una sedia. Scende nel seminterrato e fa lo stesso con Enrico Orazi. Risale, fruga in tutta casa e fugge con 2 mila euro, prima che torni Enea.

“Non abbiamo ucciso noi mia madre” ripete da subito e ancora giorni fa, in tv, Arianna Orazi. Ma la ricostruzione non ha mai convinto del tutto gli inquirenti. Perché un ladro sarebbe entrato in una casa piena di gente, a poche ore dalla cena della Vigilia? E perché si sarebbe accanito solo con la vittima, per età e corporatura, più debole? Ieri, quasi davanti alle telecamere, è sembrato esserci l'ultimo colpo di scena: il ritrovamento da parte di Enea Simonetti di un calzare vicino a un cestino nel giardino di casa, prelevato e repertato dai carabinieri, convinti però appartenga alla scientifica che ha battuto palmo a palmo la casa. È attorno a quelle domande, infatti, e a tutto quel che non torna, secondo chi indaga, nel delitto di Natale che si sta stringendo il cerchio.

Montecassiano, anziana uccisa a Natale: il giallo del vestito del (presunto) ladro. Parla la figlia: "Non giudicate". Ma la Procura insiste sui maltrattamenti

dalla nostra inviata

Viola Giannoli


L’autopsia

Secondo la relazione preliminare del medico legale Roberto Scendoni, Rosi è morta soffocata, strangolata con violenza. I segni sul collo, sul volto e le fratture di 14 costole indicano che l’assassino le ha schiacciato bocca e torace fino a impedirle di respirare. Lesioni che appaiono a chi indaga difficilmente compatibili con il massaggio cardiaco, per quanto energico, dei soccorritori, secondo la tesi sostenuta dalla difesa.

Gli orari

Il delitto, si legge nella perizia, si consuma tra le 16.30 e le 18.30. La prima telefonata ai carabinieri arriva alle 19.47. Enea sostiene di essere uscito verso le 17.45 per andare al supermercato e di essere rientrato poco dopo le 19. Alle 18.07, dimostra uno scontrino, paga la carne acquistata a un chilometro da casa. In quel buco di un’ora tra la spesa e il ritorno a casa inizialmente racconta di essere stato a Macerata, poi ritratta e dice d’aver guardato video nel parcheggio del market. Il 7 gennaio, interrogato dai magistrati, si avvale della facoltà di non rispondere, come gli altri due indagati. Succede un’altra cosa in quelle ore: alle 17.30 due vicini passano nella villetta per portare un regalo di Natale a Rosi, ma nessuno risponde.

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I segni di effrazione

Per la difesa in cucina ci sono “chiari segni di effrazione” sulla portafinestra della cucina e a terra viene trovato un tassello di legno. Secondo una perizia preliminare dei carabinieri di Ancona quei segni non sarebbero però di scasso.

I cellulari

Il 31 dicembre i cellulari di Arianna ed Enea vengono resettati. La difesa spiega che si tratta di un'operazione avvenuta in seguito a problemi di malfunzionamento. I telefonini vengono poi sequestrati. Su quanto recuperato attraverso software di ultima generazione, backup e l'incrocio di tracce sui diversi dispositivi c'è massimo riserbo. Dal telefono di Rosina partono invece, poco prima del delitto, 5 chiamate. In quattro casi non risponde nessuno, mentre nell'ultimo vengono registrati pochi secondi di telefonata. Forse scatta la segreteria telefonica. Cosa voleva dire Rosina? Il tentativo di lanciare un allarme su una lite domestica o su un estraneo introdottosi nell'appartamento o solo auguri di Natale alle amiche?

Le telecamere

Non sono molte le telecamere nella zona, interamente mappata. Ce n’è una sulla villetta che s’incontra subito dopo quella di Rosi. Le verifiche dell’analista forense Luca Russo danno esito negativo: nessuna traccia di sconosciuti nell'orario in cui è stato collocato il delitto. Il percorso del presunto ladro resta un mistero.

I vestiti del ladro

I legali dei tre indagati raccontano che nella villetta è stata trovato un capo di abbigliamento del ladro. Per gli inquirenti quei frammenti appartengono ai calzari della scientifica.

I rumori

Nessun vicino ha visto o sentito nulla: rumori, urla o l’abbaiare dei due grossi cani degli Orazi o del bassotto dell’appartamento sul retro, la presunta via usata dal ladro.

Montecassiano, anziana morta in casa la notte della vigilia di Natale: "Aveva chiamato un centro antiviolenza". Indagati i familiari


Le testimonianze

Secondo la difesa, gli operai che hanno fatto lavori nella villetta sostengono d’aver visto l’anziana sempre ben vestita, con pellicce, in un clima sereno. I vicini raccontano il contrario: “Le avevano tolto tutto, pure l’amato giardino. Dormiva sul divano, non poteva usare l’auto, né ricevere chiamate”. I familiari raccontano che non è così, che Rosi aveva un carattere particolare, si lamentava spesso. Venti persone, per lo più conoscenti di Rosi, sono state sentite in procura.

L’appuntamento col centro antiviolenza

Cinque giorni prima di morire Rosi si presenta al centro antiviolenza di Macerata. Racconta di “maltrattamenti, violenze verbali, comportamenti violenti” in famiglia e prende un appuntamento legale per il martedì successivo: a quell’incontro non arriverà mai. La difesa sostiene che Rosina cercava informazioni sulla pensione minima. “Ma le pare che una donna viene al centro antiviolenza per parlare di questo? Sarebbe andata al sindacato” sbottano dal centro. Quella del 24 dicembre non è la prima visita dei carabinieri al civico 31 di via Pertini: una pattuglia c’era stata già a fine novembre. L’aveva chiamata Rosi per una lite verbale col nipote, senza poi sporgere alcuna denuncia.

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