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Jacopo morto a 27 anni in un incidente: per la famiglia il caso non è chiuso e ora fa causa all’azienda che ha prodotto il suo scooter

Da quasi due anni e mezzo i fiori sono sempre lì, all'incrocio tra viale Brenta e corso Lodi, freschi e colorati. Un piccolo altare nel traffico, con il volto sorridente di Jacopo Dimmito, il ventisettenne che il 10 ottobre 2018 perse la vita in un incidente a bordo del suo scooter. Una tragedia su cui finora nessuna inchiesta giudiziaria ha fatto luce. E la sua famiglia, anche dopo l'archiviazione, non vuole arrendersi.

Perizie, simulazioni, analisi delle celle telefoniche, ricerca di testimoni e immagini delle telecamere non sono riuscite a fare chiarezza sulle cause dell'incidente, sui movimenti dello scooter di Jacopo verso l'incrocio e quella del mezzo pesante che era sulla stessa corsia, guidato verso piazza Bologna da un moldavo, indagato a lungo per omicidio stradale. L’indagine ha ipotizzato che Jacopo abbia perso il controllo dello scooter e sia poi caduto mentre arrivava al semaforo il camion che lo ha investito, o che sia stato il camion a urtarlo prima. O, ancora, che la moto sia stata colpita da un’auto, mai individuata.

Gli agenti della polizia municipale hanno dovuto arrendersi di fronte a due problemi: il punto dell'incidente non è coperto dall'occhio delle telecamere, e gli appelli dei familiari alla ricerca di automobilisti che in quel momento si trovavano su viale Brenta non ha dato frutti. Nessuno si è presentato in procura o al comando di zona dei vigili. Nessuno ha visto Jacopo cadere. Anche l'autista moldavo del camion, 60 anni, ricoverato in ospedale in stato di shock, ha spiegato di non essersi accorto della moto. E' così che dopo due anni di indagine, il pm Roberta Amadeo, titolare del fascicolo, non ha potuto fare altro che chiedere l'archiviazione dell'indagine, poi accolta dal gip Alessandra Di Fazio.

Ma la famiglia di Jacopo non ha intenzione di arrendersi. E insieme all'avvocato Livia Lanzoni, intende agire in sede civile contro la multinazionale produttrice dello scooter. Un perizia di parte evidenzierebbe dubbi sulla tenuta della moto che guidava Jacopo. Difetti di funzionamento, in particolare del manubrio, che potrebbero aver avuto un ruolo nella caduta sull'asfalto. "Abbiamo scoperto che ci sono stati altri casi di veicoli dello stesso modello che hanno avuto problemi di stabilità – dice Vanessa Dimmito, sorella di Jacopo -. Altri motociclisti sono caduti e finiti in ospedale, anche se per fortuna non in modo grave com'è successo a mio fratello. Jacopo andava piano, era arrivato al semaforo, vogliamo capire se la caduta si può attribuire a un difetto del mezzo".

Nato e cresciuto poco lontano da viale Brenta – in via Campazzino, zona Ripamonti, dove lo ricorda un grande murales – laureato due anni prima in Psicologia a Pavia, Jacopo era pieno di amici e progetti da realizzare. Esperto di web design e social media management, aveva iniziato a lavorare da free lance nel settore della moda, e sarebbe dovuto partire presto per Los Angeles. Un'avventura che raccontava a tutti e che lo rendeva raggiante. Sogni interrotti il 10 ottobre del 2018 dal terribile impatto all'incrocio di viale Brenta. Una settimana dopo, quasi trecento persone si sono riunite nella vicina piazza Bonomelli e hanno sfilato fino al punto in cui ha perso la vita. Con loro anche i genitori e le sorelle Vanessa e Giovanna, le sue nipotine e tantissimi amici. Tra le mani fiaccole, palloncini bianchi, e la foto di Jacopo, lo stesso viso sorridente che ancora oggi attrae lo sguardo di chiunque passi lungo viale Brenta. E che, due anni e mezzo fa come oggi, aspetta una verità che rischia di restare per sempre sconosciuta.

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