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In Myanmar è stata imposta la legge marziale contro le proteste

AGI – La giunta militare birmana ha imposto la legge marziale in varie città come risposta alle manifestazioni oceaniche che, per il terzo giorno consecutivo, hanno inondato le strade del Paese: un segno di protesta tangibile per il golpe messo in atto esattamente una settimana fa.

La misura impone il coprifuoco, vieta gli assembramenti con più di cinque persone e i discorsi in pubblico, e riguarda due quartieri di Rangun, la città più importante e cuore economico del Paese, Mandalay, Monywa, Loikaw y Hpsaung e Myaungmya.

Una decisione che va in controtendenza alle parole di Papa Francesco che, già nell'Angelus di domenica, aveva auspicato un ritorno alla normalità per il Paese asiatico. Parole che hanno trovato un seguito nel discorso pronunciato ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

"Il cammino verso la democrazia intrapreso negli ultimi anni in Myanmar – ha dichiarato il Pontefice – è stato bruscamente interrotto dal colpo di Stato della settimana scorsa. Esso ha portato all'incarcerazione di diversi leader politici, che auspico siano prontamente liberati, quale segno di incoraggiamento a un dialogo sincero per il bene del Paese".

Il riferimento è alla leader del partito National League for Democracy (NLD), Ang San Suu Kyi, e agli altri principali dirigenti, compreso il presidente Win Myint, che si trovano ancora agli arresti domiciliari.

Ma quella del Papa è una linea condivisa anche da Gran Bretagna e Ue che, come ha annunciato l'ambasciatore britannico a Ginevra, Julian Braithwaite, hanno chiesto congiuntamente una riunione d'urgenza del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

"Dobbiamo dare urgentemente una risposta alla sofferenza dei cittadini del Myanmar e al rapido deterioramento della situazione riguardante i diritti umani", ha specificato Braithwaite precisando che i membri che hanno sostenuto la richiesta della sessione speciale informeranno presto gli altri componenti del Consiglio circa una bozza di risoluzione sul tema. La mozione ha già il sostegno di altri 19 dei 47 membri del Consiglio.

La decisione dei militari di imporre la legge marziale è arrivata dopo un'altra giornata di manifestazione, la terza consecutiva in tutto il Myanmar, e la proclamazione di uno sciopero da parte dei manifestanti.

Un'iniziativa che ha trovato adesione anche in alcuni ministeri, per esempio agli Affari Esteri, dove funzionari e quadri intermedi hanno incrociato le braccia unendosi al movimento di disobbedienza civile.

L'appello ai lavoratori da parte di diverse organizzazioni ha paralizzato la vecchia capitale, Rangun, dove migliaia di persone si sono concentrate nel centro storico, bloccando il traffico della popolosa città (oltre 5 milioni di abitanti). Anche molte agenzie bancarie, che avevano aperto in mattinata, sono state costrette a chiudere per la bassa presenza di dipendenti.

E nella capitale amministrativa Naypyidaw la polizia ha usato idranti e cannoni ad acqua per una buona mezz'ora per disperdere la folla. Testimonianze raccolte dalla Bbc hanno parlato di un'azione effettuata, senza preavviso, contro una protesta pacifica davanti alla polizia schierata nelle strade. Imponenti manifestazioni si sono verificate anche a Mandalay, seconda città del Paese, Dawei e Hpa-an.

Per la terza notte i centri urbani sono stati invasi del rumore di utensili sbattuti contro pentole e padelle, una pratica che, secondo la tradizione, scaccia gli spiriti maligni ma da giorni e' utilizzata come rumoroso segno di ribellione che ha come obiettivo la liberazione della "Madre Suu Kyi".

La risposta della giunta militare alle proteste non si è però fatta attendere. Un duro monito e' stato diffuso da un annunciatore della televisione pubblica Mrtv. "Bisogna agire in base alla legge con iniziative efficaci contro violazioni che disturbano, minacciano e distruggono la stabilità dello Stato, la pubblica sicurezza e la legalità".

Oggi ha parlato, per la prima volta dopo il golpe, anche il capo dell'esercito, Min Aung Hlaing, ribadendo le accuse di brogli: "Stiamo indagando sui responsabili", ha assicurato. Intanto la giunta, che ha dichiarato lo stato di emergenza, ha promesso nuove elezioni ma non prima di un anno.

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