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GB, Johnson spiazza tutti e riapre la miniera di carbone in Cumbria: è polemica

LONDRA – Tra il dire e il fare c'è di mezzo la reputazione del Regno Unito. Si potrebbe parafrasare così il vecchio proverbio, davanti alla decisione del governo di Boris Johnson di dare pieno appoggio all'apertura di una nuova miniera di carbone, la prima in trent'anni in questo paese, alla vigilia di un grande summit delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che vedrà la Gran Bretagna come padrone di casa.

Esperti, scienziati, ambientalisti e consiglieri governativi avvertono che un atteggiamento così contraddittorio da parte di Downing Street rischia di compromettere il summit di Glasgow del novembre prossimo, più importante conferenza internazionale sull'effetto serra dagli accordi di Parigi firmati nel 2015. "Londra dovrebbe essere un leader della lotta contro il cambiamento climatico dando il buon esempio, invece di tornare ai giorni sporchi del carbone", commenta sul Guardian Mohamed Adow, direttore della think tank ecologista Power Shift Africa. "E' una decisione bizzarra e scioccante".

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Situata in Cumbria, nel nord-ovest dell'Inghilterra, la nuova miniera dovrebbe produrre carbone, per lo più per l'esportazione a fini industriali, fino al 2049. Una data che stride con l'obiettivo prefissato per Cop 26, come è chiamata la conferenza sul clima delll'Onu in programma in Scozia questo autunno, di impegnare la comunità internazionale a raggiungere zero emissioni nocive entro il 2030. Numerosi specialisti affermano che la via libera alla miniera è il segnale sbagliato, in particolare ai paesi emergenti, molti dei quali stanno considerando se investire in energie rinnovabili o in carbone per il proprio futuro sviluppo. Non solo: insieme al Canada, il Regno Unito è co-fondatore di un gruppo globale di governi che si propongono di rinunciare completamente al carbone.

Un portavoce del primo ministro Johnson afferma che la decisione è stata presa a livello locale, non chiama direttamente in causa il governo e riguarda solo carbone da esportare. Ma per il movimento ecologista si tratta di un dualismo inaccettabile: "E' come dare un'esenzione fiscale all'industria del tabacco prima di ospitare un convegno sulla salute pubblica", dice John Sauven, direttore esecutivo di Greenpeace. "Fate quello che diciamo, non quello che facciamo, non può diventare lo slogan governativo per il summit di Glasgow". Concorda sir David King, ex-consigliere scientifico di Downing Street: "E' un grave errore, dovrebbero ripensarci". Ammonisce Saleemul Huq, direttore dell'International Center for Climate Change and Development in Bangladesh oltre che consulente del vertice di novembre: "La Gran Bretagna rischia di perdere credibilità nella battaglia per salvare il pianeta dal cambiamento climatico".

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