Anche i "Thegiornalisti" dei 5 Stelle si sono sciolti, nella "band" dei tre ne è rimasto solo uno. Passo indietro, anno 2018: il Movimento è in grande ascesa e le liste si aprono alla cosiddetta società civile, ai non attivisti, i cosiddetti "indipendenti". Entrano imprenditori e professionisti, addirittura un patron di una squadra di calcio. In questa quota il capo politico Luigi Di Maio infila anche tre giornalisti, categoria da sempre nemica giurata per il M5s ma forse non troppo, evidentemente.
C'è Gianluigi Paragone, volto noto in tv della galassia sovranista, un passato da direttore della Padania, la perfetta fusione in un allora ipotetico asse tra M5s e Lega. A sorpresa viene presentato Emilio Carelli, già direttore di Sky Tg24, una lunga carriera televisiva in Mediaset. E infine Primo Di Nicola, che era stato direttore del Centro di Pescara e a lungo firma dell'Espresso, altra testata-detestata dal mondo grillino. Tre giornalisti diversi per tendenze e stili, ma specchio del tentativo del Movimento di farsi partito pigliatutto, tra destra e sinistra. Il mix funziona e infatti alle elezioni il M5S prende il 33 per cento, con punte del 45 al Sud. Paragone e Di Nicola diventano senatori, Carelli deputato.
Paragone e Italexit
Dopo meno di tre anni però dei tre giornalisti ne è rimasto solo uno. Paragone è stato il primo a rompere: non accetta il governo giallorosso, e dopo aver votato contro la legge di Bilancio viene espulso dal Movimento a gennaio 2020. Fonda a luglio dello stesso anno un proprio partito, il no euro Italexit.
Carelli e il suo Centro Italia popolare
Carelli insofferente pure lui molla sul più bello pochi giorni fa, durante il tentativo di varare il Conte ter, e fonda un gruppo parlamentare: Centro Italia popolare, con lo sguardo rivolto al centrodestra.
Di Nicola invece resta nel M5s
Rimane solo Di Nicola, antica militanza nella nuova sinistra e poi rimasto culturalmente legato all'area progressista. "Quando mi proposero la candidatura ci pensai un po' – racconta – e nell'accettare, avendo fatto politica in gioventù, sapevo che questo comporta una disciplina: esprimi le tue idee, partecipi al dibattito, ma poi devi rispettare il principio di maggioranza". Il momento peggiore per lui è stato il governo con la Lega, invece si spende per l'alleanza con il Pd e anzi a un certo punto propone lo scioglimento di Pd e 5 Stelle in un solo unico grande partito.
Comunque sia, su tre fuori due. Colpa dei giornalisti, troppo individualisti? "Ma no, gli annali parlamentari sia della prima che della Seconda Repubblica sono pieni di giornalisti che sono entrati in un partito e ci sono rimasti per tutta la vita. Certo, quando candidi personaggi con una storia personale e professionale marcata e per di più noti al grande pubblico qualche rischio lo corri, è normale", spiega Di Nicola. Allora è per via delle tre giravolte del M5s – erano partiti con il "mai alleati con nessuno" – nell'arco di una sola legislatura? "Ma quale giravolta? Lo si era detto: se non avremo la maggioranza per governare da soli metteremo avanti a tutto il nostro programma, disposti a portarlo avanti con chi si mostrerà disponibile a condividerlo. Non è caccia al potere né poltronismo – assicura il senatore – ma la via obbligata di chi si vuole fare carico dei problemi del Paese in un momento storico drammatico, con un Parlamento polverizzato, incapace di garantire governabilità a causa di una legge elettorale sbagliata che non ha voluto certo il M5s".
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