https://twitter.coLo scudetto dei totem è un oggetto antico, quasi fossile però nuovissimo e fresco come una rosa. Il colossale Ibra ha immediatamente risposto al ciclopico Ronaldo (en passant, sabato sera, la doppietta dello smisurato Pandev). Ibrahimovic ha 39 anni, Cristiano 36, Pandev ne compirà 38 a luglio.
A volte le cifre urlano, non sempre spiegano ma quasi sempre dimostrano, chiariscono e definiscono. Con le due reti al Crotone, lo svedese si arrampica a 501 gol in carriera, e da quando ha superato i trenta segna pure di più: 204 gol prima di scollinare la trentina, 297 dopo. Di Ronaldo non abbiamo certezza neppure sul numero assoluto: alcuni gli contano 763 gol, altri 764 (ma anche di Pelé, che il portoghese ha superato o forse no, non esiste la cifra secca). Siamo comunque nell'iperspazio.
Due vite parallele in due giorni. Cristiano Ronaldo che segna in quel modo alla Roma, con il tempismo che fa parte del suo stesso sangue, e Ibra che detta l'azione, scannerizza l'area con uno sguardo, chiede e ottiene il triangolo e poi lo chiude. Talmente magnetico e padrone dell'azione, Zlatan, da riuscire a tenere la palla tra i piedi per quattro secondi esatti, il che equivale a un'eternità, prima di definire l'esito di uno scambio che diventa un destino.
Road to the target pic.twitter.com/daEEZfqMqq
— Zlatan Ibrahimovi? (@Ibra_official) February 7, 2021
Fenomeni naturali e atletici, Ronaldo e Ibrahimovic sembrano spostare molto avanti la soglia del limite. Hanno mezzi fisici straordinari, e ancor di più la sapienza nel gestirli. I loro allenamenti sono un modello oltre ogni età, specialmente per i più giovani che li ammirano. Il veterano Giorgio Chiellini, che di entrambi è stato compagno e avversario, dice: "Ibra e Cristiano sono due fenomeni, ma questo non basta. La loro vera grandezza è esserlo ancora, esserlo così".
Due sovrani illimitati, due tiranni assoluti. Al punto che ci si chiede quanto conti la friabilità dei sudditi nell'ampiezza delle loro imprese, anche se quei due hanno segnato sempre e ovunque, in Italia e all'estero, da giovani e da vecchi. Oggi, tuttavia, la loro infinita classe sembra specchiarsi in un calcio complessivamente in declino, con un ricambio generazionale che propone buoni giocatori, a volte buonissimi, ma nessuna potenziale divinità. Nessun Ronaldo giovane, nessun altro Ibra all'orizzonte.
Il carisma di questi due è ipnotico, il loro sguardo sembra sufficiente a paralizzare i centri nervosi degli avversari. Terrorizzati tutti, anche se poi si sviluppano azioni come quella del 2-0 del Milan, con Ibrahimovic lasciato inconcepibilmente solo davanti alla porta del Crotone: forse i difensori sono convinti che non ci sia niente da fare, Ibra e Ronaldo li spolperanno comunque (il mostruoso juventino è l'unico attaccante nei cinque principali tornei d'Europa ad avere realizzato otto doppiette). Primo e secondo della classifica marcatori di serie A (Ibra ex aequo con Lukaku), lo svedese e il portoghese non si sono neppure fatti mancare il Covid, quasi a rendere insostenibile un coefficiente di difficoltà alla lunga beffato, ridotto a zero. Sono guariti in fretta e tornati più forti di prima. Nel frattempo Goran Pandev, un altro di quella generazione di totem invincibili, continua a fare gol come se dalla sera di Madrid 2010, quando l'Inter vinse l'ultima Champions League del nostro calcio (e Pandev al "Bernabeu" partì titolare) non fossero trascorsi quasi undici anni ma dieci minuti. E quando Ibrahimovic è uscito dal campo di San Siro dopo avere indicato il cielo con un dito, e facendo il segno dell'1 (un gesto autobiografico? La promessa di un altro gol? Il desiderio di un altro anno di contratto?), il suo posto è stato preso da Mario Mandzukic che se la rideva, sornione, forse perché lui è solo un ragazzino di 34 anni.ennygiardina/status/1358459652820905985?s=20Original Article
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