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La riapertura scatena l’assalto ai ristoranti di Milano: “E’ un weekend da tutto esaurito”

L'amico che da poco sta a Milano mi chiede un consiglio: "Dove vado a pranzo oggi? Un posto buono, nella mia zona". Parte la ricerca. E dopo un po' si ferma: impossibile trovare un tavolo libero, l'amico si rassegnerà a cucinare. È l'effetto paradossale del primo week-end in zona gialla. Ristoranti stellati, locali medi e trattorie sono presi d'assalto dai clienti che, dopo mesi di delivery e asporto, non vedevano l'ora di tornare a frequentare un ristorante, essere serviti al tavolo, scambiare due chiacchiere con l'oste e il sommelier.

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Scene di una normalità che sembrava irrecuperabile; e adesso che si può, tutti si buttano. Le prenotazioni sono fioccate fin dall'annuncio del passaggio in zona gialla, ma molti non hanno potuto riaprire immediatamente: serviva tempo per riorganizzare il lavoro, richiamare il personale, fare la spesa. A complicare tutto, il fatto che la maggioranza apre solo nei fine settimana: "Che apro a fare, se qui intorno non c'è nessuno – dice Gianni Mele del Nuova Arena – . Niente uffici, la gente è ancora in smart working: il pranzo fuori si fa quando non si ha tempo di tornare a casa propria nell'intervallo". Così, il locale è tutto completo per il week-end, già da giorni ("ma con metà coperti non si fanno incassi faraonici").

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Ansiosi di tornare al ristorante, molti milanesi sono stati rimbalzati. Anche perché le nuove norme hanno ridotto drasticamente i posti disponibili. Molti locali hanno fatto il doppio turno, con clienti che accettavano di sedersi a tavola alle 14 e anche alle 15. "Apriamo solo nel week-end anche noi – conferma Stefano Rollo, uno dei soci di Chunk – Smoke ad Spirits – . Noi normalmente aprivamo solo di sera, facciamo piatti importanti e cocktail, non è un posto da mezzogiorno. Eppure, appena abbiamo detto che avremmo lavorato nel week-end ci hanno subissati di richieste. Ieri alle 18 mandavamo via gli ultimi avventori, dalle 16,30 sono venuti per gli aperitivi. Nonostante la temperatura, abbiamo servito anche ai tavoli all'esterno".

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Stesso discorso per i ristoranti fuoriporta, dove il timore di restare deserti in settimana è forte. Villa Terzaghi, gestita dalla associazione Maestro Martino (di Carlo Cracco), apre domenica 14, per San Valentino, e resterà aperta sempre e solo di domenica. C'è anche chi lavora nei giorni feriali, ma la situazione con cambia. David Ranucci ha quattro locali molto popolari: Giulio pane e ojo, Casa tua, Abbottega e Pizzottella. "Abbiamo aperto subito, lunedì, e devo dire che per tutta la settimana abbiamo lavorato bene, c'è tanta voglia di uscire. Ma nel week-end è stato un autentico delirio. C'è chi mi ha supplicato di farlo pranzare alle 15,30. Mai successo a Milano. Abbiamo grandi spazi, ma non c'era un buco. So che tanti colleghi non aprono in settimana, hanno paura di sostenere altre spese senza incassare: li capisco, la situazione è drammatica. Io vivo in Spagna, a Madrid i ristoranti possono stare aperti fino alle 22, che per le abitudini locali è prestissimo: ma le abitudini si possono cambiare, e infatti è successo così. Forse si potrebbe fare anche qui, permettere di aprire fino alle 20 o 21, farebbe piacere ai clienti e darebbe una boccata d'ossigeno ai ristoratori".

Apre in settimana anche Ceresio 7, locale da Vip. "Ma ieri e oggi siamo impazziti – commenta lo chef Elio Sironi – . Anzi, è impazzita la gente, volevano venire a tutti i costi, qualcuno ha insistito finché ho accettato di apparecchiare ai tavolini della zona riservata al bar: hanno mangiato lì, su tavoli microscopici, ed erano felici. Ho fatto doppio turno, qualcuno ha iniziato alle 15". Il titolare di Shiva, indiano frequentatissimo, è incredulo: "Abbiamo sempre un bel movimento, ma in questi due giorni è stato un arrembaggio. Ho dovuto rifiutare tante richieste, voglio fare le cose per bene e non mettere più coperti di quelli che sono permessi, la questione sanitaria è troppo importante. Eppure, un giro in Darsena fa cadere le braccia. Mi fa paura, così rischiamo di tornare in zona rossa in men che non si dica. Bisognerebbe avere più senso di responsabilità, non solo noi ristoratori, ma tutti".

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