Niente feste, niente sesso, vita monastica e via dal Villaggio il prima possibile. I Giochi di Tokyo, nati sotto una cattivissima stella, saranno i più morigerati, sociopatici, silenziosi di tutta la storia olimpica, e la ragione è sempre la stessa: il Covid. Contro il virus, da qualche giorno di nuovo in fase ascendente in tutto il Giappone, il Cio tenta la strada della persuasione. Senza la certezza dei vaccini, saranno i comportamenti a fare la differenza, come e più che nel mondo esterno. Il periodo di permanenza nel Villaggio dovrà essere brevissimo, ma soprattutto gli atleti non potranno assistere ad altre gare, e ancor meno festeggiare in gruppo, abbracciarsi, scambiarsi effusioni e neppure fare sesso. Non potranno prendere mezzi pubblici e recarsi in città a fare shopping, dovranno compilare form sui propri spostamenti e sui piani della loro permanenza a Tokyo, effettuare tamponi ogni quattro giorni e scaricare una App di tracciamento dei contatti. Chi risulterà positivo verrà posto in isolamento in strutture messe a disposizione dal governo e il più delle volte, visti i tempi strettissimi, dovrà dire addio alla propria gara.
Non si tratta di imposizioni, ma di fortissime raccomandazioni, e il piano per gli atleti, che tra pochi giorni diverrà pubblico attraverso un "playbook" ad hoc (una sorta di manuale di comportamento), potrebbe cambiare e addirittura inasprirsi da qui al fatidico 23 luglio. Al massimo in aprile, intanto, il Cio prenderà una decisione anche sull'eventuale presenza di pubblico sugli spalti, ma già si sa che, nell'ipotesi ci fosse, dovrebbe comportarsi come in chiesa; applausi, niente urla, tifo ordinato e sul posto. I playbook sono stati sviluppati grazie al contributo dell'Organizzazione mondiale della sanità, del governo giapponese, del governo metropolitano di Tokyo, di esperti indipendenti. "Ci saranno condizioni e vincoli che richiedono a tutti flessibilità e comprensione" ha spiegato il direttore esecutivo del Cio, Christophe Dubi.
Dimenticate, allora, le grandi feste, gli assembramenti gioiosi, per esempio della scherma, per la sua natura sport in cui è forte l'elemento di socialità e il senso di squadra. L'ultima stoccata di una finale per l'oro sarà accompagnata, al massimo, da momenti di commozione ed esultanza vissuti in solitaria. E così, anche, negli sport di squadra. Gli abbracci dopo un punto, nella pallavolo, saranno passibili di reprimenda da parte degli arbitri. Ci sta provando il calcio, qua e là (in Belgio, ad esempio, dove gli abbracci dopo il gol sulla carta sono vietati), con qualche timido risultato. A Tokyo dovrà essere la norma.
Sul sesso, beh, a Rio erano stati distribuiti quasi mezzo milione di preservativi all'interno del Villaggio, 42 in media per ciascun atleta. "Si fa un sacco di sesso durante le Olimpiadi", spiegò allora Hope Solo, portiera della nazionale di calcio Usa. A Seoul '88, prima edizione dei Giochi sensibile all'argomento, ne vennero distribuiti in tutto 8500. Ad Atene 2004 la cifra era già salita a 130 mila, a Londra 2012 si arrivò ufficialmente a 150 mila. Le lancette di questa storia assai particolare torneranno verosimilmente molto indietro a Tokyo. Ci si limiterà a salutarsi da lontano e magari a darsi appuntamento a dopo le Olimpiadi. O almeno questo è quel il Cio spera.
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