Roma. Dopo l'Europa, le banche. Tutto sembra remare contro il polo nazionale dei compressori per frigoriferi progettato dal governo italiano per salvare la ex Embraco di Riva di Chieri (Torino) e la Acc di Mel (Belluno), destinate a confluire nel nuovo gruppo battezzato ItalComp, ma per adesso ancora sulla carta. Oltre 700 lavoratori in tutto. E non aiuta, ovviamente, la crisi politica che sta andando in scena questi giorni.
Tutto ruota intorno al fabbisogno di liquidità della Acc, la fabbrica costruita per rilanciare il territorio bellunese dopo il disastro del Vajont e oggi in commissariamento in seguito al disimpegno della cinese Wanbao: a differenza della ex Embraco, ferma da tempo, la Acc continua a produrre compressori e per il 2021 si è già assicurata commesse per 2,4 milioni di pezzi, con un aumento del 38% sul 2019 e con una quarantina di nuove assunzioni.
Ma sta esaurendo velocemente la liquidità indispensabile alla produzione, quindi ha chiesto un finanziamento di 12 milioni a tre banche (Intesa, Unicredit e Ifis) facendo leva sulla legge Prodi-bis e sulla garanzia al 100% dello Stato. Bruxelles, però, non ha autorizzato l'operazione bloccando, di fatto, l'intero progetto ItalComp.
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Così il governo ha messo in campo un "piano B", alzando a 15 milioni l'ammontare del finanziamento e riuscendo ad impostare (ed ottenere) la garanzia della Sace al 90% prevista dalle norme sull'emergenza Covid. Un'operazione studiata nel minimo dettaglio, dimostrando che la crisi di Acc era sì iniziata prima del Coronavirus (quindi, in teoria, esclusa dalla misura anti pandemia), ma solo per il disimpegno di Wanbao che, essendo un grande gruppo a partecipazione pubblica, avrebbe potuto tranquillamente continuare a produrre anche a Mel.
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Tutto risolto, dunque? Non proprio. Nonostante l'ok di Sace e governo all'operazione, le tre banche (che avevano avallato il "piano A") hanno invece inopinatamente rifiutato di concedere il finanziamento da 15 milioni. A suo modo una cesura istituzionale, uno "schiaffo" alla politica industriale dell'esecutivo che ha partorito il polo nazionale dei compressori. A quanto risulta, il rifiuto sarebbe motivato anche dall'incertezza sulla conferma del progetto Italcomp da parte del nuovo governo che nascerà al termine della crisi politica.
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Ma esiste ancora uno spiraglio, visto che la prossima settimana sarebbe in programma un contatto tra il governo e il ceo di Intesa San Paolo, Carlo Messina, per esplorare la possibilità di sbloccare il finanziamento (in questo caso se ne farebbe carico solo il gruppo bancario).
Intanto a Mel (e, di riflesso, anche in Piemonte) sale l'allarme dei lavoratori: "Sarebbe gravissimo e inspiegabile per la nostra comunità – dice il segretario della Fiom-Cgil Belluno, Stefano Bona – che per un ragionamento simile a quello dei burocrati europei, le banche si sottraessero disconoscendo lo strumento offerto dal governo per il salvataggio di una grande azienda. Accettino piuttosto con entusiasmo e fiducia la sfida culturale di fare insieme a noi un piano industriale dotato di forza strategica". Mercoledì si riunirà il Consiglio di sorveglianza socio-istituzionale su Acc, al quale partecipano i sindaci dei Comuni interessati, la Regione Veneto, le rsu di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm, i parlamentari bellunesi e il presidente della Provincia.
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