Un governo con venti ministri: otto tecnici e dodici politici. Lo schema circola già sui tavoli della Camera, è oggetto di ragionamento dei leader di partito, ed è un'ipotesi di lavoro "concreta" che fa seguito alla disponibilità del premier incaricato Mario Draghi ad aprire la sua squadra ai rappresentanti delle forze che lo sostengono, per consolidare la maggioranza e, perché no, per dare un segnale non ostile a un Parlamento che in parte si è sentito commissariato dall'avvento dell'ex presidente della Bce. Draghi, sia chiaro, non ha ancora messo mano alla squadra, ma prima che finisca il primo giro di consultazioni (e si entri probabilmente in un secondo), gli ufficiali di collegamento fra lui e lo schieramento che dovrà sostenerlo hanno disegnato il mix "perfetto".
Governo, Draghi non mette veti: "A me spetta la sintesi, ai partiti il giudizio"
di
Tommaso Ciriaco
Che è poi un tentativo di conciliare il pragmatismo di "Supermario", che non rinuncerà all'apporto di esterni di fiducia nei posti chiave dell'esecutivo, e il caro vecchio manuale Cencelli. I 12 posti per i politici, infatti, riflettono il peso dei singoli partiti che dovrebbero sostenere Draghi: 3 ai 5Stelle, 2 a testa per Pd, Fi e Lega, uno per Italia Viva e Leu, uno per i gruppi minori. Le incognite sono tante, e la prima riguarda ovviamente la presenza contemporanea di esponenti di soggetti politici finora lontanissimi. Ma nessuno vuole rinunciare a metterci la faccia, se l'operazione si compirà.
La Lega propone Giorgetti
Neppure la Lega, come ha fatto sapere Salvini, e il Carroccio due nomi da offrire a Draghi li avrebbe già: quello di Giancarlo Giorgetti, il grande sponsor dell'ingresso in maggioranza, e quello del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. Giorgetti, in ottimi rapporti con Draghi, potrebbe andare allo Sviluppo economico, se non all'Economia. Ma per il dicastero di via XX settembre Draghi punta su un tecnico (un dirigente di Bankitalia come Daniele Franco o Federico Signorini, Dario Scannapieco della Bei), anche per dare un senso al sacrificio di un politico stimato come l'uscente del Pd Roberto Gualtieri, che rumors (da lui smentiti) vorrebbero in corsa come sindaco di Roma. Per i 5 Stelle si profila un tris sorprendente: Giuseppe Conte presta sempre più l'orecchio a chi gli suggerisce di passare dal ruolo di premier a quello di ministro del governo successivo (come fece per ultimo Lamberto Dini nel 1996). Ma l'ipotesi più naturale, quella degli Esteri, cozza con le brame di riconferma di Luigi Di Maio. E allora si affaccia un'alternativa suggestiva: l'"avvocato del popolo" alla Giustizia, terreno di scontro su cui è caduto il suo governo. Ma per il ruolo di Guardasigilli è in lizza un tecnico di valore come l'ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia. Il terzo nome dei 5S potrebbe essere quello di Stefano Patuanelli, che garantirebbe la tenuta del gruppo al Senato.
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di
Carmelo Lopapa
Il Pd: Orlando, Franceschini e Guerini in pole
Il Pd è appeso alle decisioni del suo segretario, Nicola Zingaretti, che non ha confermato (ma neppure escluso) di volere entrare nel governo Draghi, scelta che comporterebbe le dimissioni dalla presidenza della Regione Lazio. Dal destino di Zingaretti dipende quello di Andrea Orlando, che potrebbe succedergli alla guida del partito o fare il ministro. Altre due figure di peso attendono l'evolversi degli eventi: una è quella di Dario Franceschini, che potrebbe mantenere un posto nell'esecutivo o spostarsi verso un incarico istituzionale, come la presidenza della Camera, in una variante allo schema che vedrebbe M5S proporre per la squadra di Draghi il nome di Roberto Fico. L'altro capocorrente del Pd in bilico è il ministro della Difesa uscente Lorenzo Guerini, cui però potrebbe essere chiesto di ricoprire la delicata carica di sottosegretario con delega ai Servizi.
Forza Italia lancia Tajani e Iv Faraone e Rosato
Ruolo per cui sarebbe in corsa anche l'ex capo della Polizia Alessandro Pansa: l'alternativa di peso per lui sarebbe la delega agli Interni, che Draghi vuole affidare a un esterno (e in pole rimane l'uscente Luciana Lamorgese). Forza Italia si butta con impeto nell'avventura ed è pronta a mettersi in gioco con una donna (derby fra le capigruppo Gelmini e Bernini) e con il vicepresidente Antonio Tajani. Leu è intenzionato a confermare Roberto Speranza in un ruolo centrale come la Salute, per Iv almeno un poker di nomi (Faraone, Rosato, Bellanova, Bonetti). E del team di Draghi potrebbe far parte anche un esponente dei gruppi minori di ispirazione europeista: Bruno Tabacci o Carlo Calenda. Sempre che alla fine si trovi la quadra, e che questo esperimento tecnico- politico abbia le premesse per funzionare. Alla fine sarà Draghi, allergico a tempi lunghi e compromessi, a tracciare il volto del suo governo di unità nazionale. Nella piena autonomia che Mattarella gli ha riconosciuto.Original Article
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