MILANO. Ripresa a Bologna la corsa interrotta dal passo falso nel derby di Coppa Italia, Ibrahimovic rincorre un record inimmaginabile a inizio stagione: i 4 mesi di primato solitario del Milan, traguardo indipendente dai risultati delle rivali per lo scudetto, se la capolista batterà a San Siro il Crotone e poi lo Spezia al Picco. Ma nel frattempo il campione svedese sta già festeggiando fuori dal campo il successo da imprenditore di un settore in grande espansione: il digital fitness. Ibra è infatti investitore della startup italiana di fitness online Buddyfit, che ha appena annunciato la chiusura di una raccolta di capitali di 5 milioni di euro. La somma, ottenuta a pochi mesi dal lancio col coinvolgimento di alcuni grandi imprenditori italiani ancora coperti dall'anonimato, è appunto il metro del successo del personaggio Zlatan, da quando (nel gennaio 2020) è tornato a giocare in Serie A.
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Zlatan il pigmalione
Ibra e la conduttrice televisiva Diletta Leotta sono gli ambasciatori della nuova startup sportiva in streaming e hanno contribuito a farla decollare così in fretta. Tuttavia il fuoriclasse del Milan si è cimentato anche in un'altra sua specialità, il ruolo di pigmalione. Stavolta l'assist è stato per un trio di giovani imprenditori: una sorta di trasposizione di quanto fa abitualmente, sul campo, da leader della squadra con la media d'età più bassa del campionato. I creatori di Buddyfit sono il trentunenne Giovanni Ciferri, genovese, amministratore delegato, e suoi due soci, il ventinovenne Stefano Manzoni, lecchese, e Stefano Cortese, 26 anni, varesino, entrambi sviluppatori informatici. La loro storia è la parabola delle grandi potenzialità delle startup in Italia per i giovani più preparati e ingegnosi: una buona idea, anche senza un capitale di partenza, si può trasformare nella classica rampa di lancio, a patto di trovare il business angel giusto, il finanziatore che crede nel progetto, lo finanzia e mette a disposizione la sua rete di contatti. In questo caso il boom è arrivato davvero in fretta, complici anche il lockdown e la voglia di allenarsi a casa, con un personal trainer via web e l'ingrediente vincente della community: quasi 100 mila iscritti, più di 100 mila followers sui social, 6 milioni di contatti a settimana e la prospettiva, entro l'estate, dell'apertura dei servizi in un secondo paese europeo.
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di
Enrico Curro'
Una favola moderna
È Ciferri stesso a raccontare questa specie di favola moderna: "Dopo la laurea ho fatto un percorso di formazione che mi sento di consigliare, perché le idee non bastano, serve l'esperienza postuniversitaria che aiuti a lavorare in team, magari con compiti di gestione in una startup già durante un'età giovane. Io ho fatto un paio di esperienze del genere: preziosissime, soprattutto l'ultima in Svizzera, per avere le competenze minime per lanciarmi in proprio". L'accurato studio del digital fitness ha fatto il resto: "Era il 2019. Negli Usa era un settore in espansione massima, secondo soltanto al gaming online come crescita nel mobile, in Europa ancora no: il potenziale di un business del genere, da 7 miliardi di euro l'anno nel 2019, era evidentemente notevole. Bisognava creare un'esperienza diversa, l'allenamento a casa in diretta col trainer e la community, per rendere il fitness divertente ed alla portata di tutti. Troppe persone associano all'allenamento sentimenti negativi, noi vogliamo creare un'esperienza piacevole". Da qui il nome buddy: un amico: "Una guida: un personal trainer professionista o uno sportivo, da condividere in compagnia di altri utenti connessi. È uno streaming fitness anche da famiglia. Ci sono classi di tutti i tipi: per bambini, over 60 con posturale, ma anche fitness, yoga, pilates, meditazione".
Diletta e il marketing
La pandemia, con la gente costretta a stare chiusa in casa, ha favorito l'impulso a un settore che, secondo le proiezioni, nel 2024 arriverà a un fatturato da 46 miliardi l'anno, con una crescita di 7 volte in 5 anni. L'ingresso di Ibrahimovic nel progetto ha dato l'accelerata: "Il nostro obiettivo naturale era lui, l'ambasciatore ideale per un prodotto del genere: un campione di quasi 40 anni, simbolo dell'importanza dell'allenamento e del lavoro per ottenere risultati e stare bene. Lo abbiamo avvicinato tramite il suo manager e siamo stati fortunati. Zlatan cercava un investimento e il progetto gli è piaciuto, ha creduto in noi". Quella di Leotta è stata una scelta di marketing: "Volevamo un personaggio femminile, non un'atleta professionista, che potesse promuovere il servizio diversamente dal prototipo del campione". Il successo è stato più rapido di qualsiasi aspettativa: "Non avevamo capitale per partire, e grazie all'esperienza precedente siamo riusciti a trovare due business angels, che hanno creduto in noi: Attilio Mazzilli, partner nello studio legale Orrick, e un imprenditore digitale come Stefano Brighenti. Poi Zlatan, nel 2020. Ora abbiamo un team di 26 persone, con l'età media di 28 anni, ma ne assumeremo altre: supereremo le 40 persone a giugno, a soli 2 anni dal lancio. Sì, le startup creano anche lavoro". La startup, nell'era Covid, è anche un esempio di smart working: "Il nostro ufficio lo abbiamo aperto a Genova, una città dalla quale di solito si va altrove per lavorare. Uno degli ultimi assunti, un designer spagnolo, ha deciso di stabilirsi a Genova lasciando Londra e in passato aveva lavorato in Silicon Valley per Apple". Un messaggio per il nuovo modello di business? "Se ci siamo riusciti noi, senza capitale, vuol dire che è possibile per tanti altri giovani".
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