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Dalla parte del bosco

Per scrivere a Michele Serra: lapostadiserra@repubblica.it o Il Venerdì, via Cristoforo Colombo 90, 00147 Roma

"Caro Michele Serra,
le scrivo dalla valle Intelvi, dal bosco orizzontale. Nel paese dove vivo (300 residenti) negli anni i vari sindaci ne hanno approfittato per lottizzare e cambiare destinazione d’uso a prati e boschi, costruire ville e villette per i locali e per quelli che vengono dalle città verticali. Il paese originale, con le sue belle case a raso-pietra, è morto. Ho ricevuto in eredità un bosco di faggio di circa 5.000 mq. che da 40 anni taglio per scaldare la mia famiglia, ed è sempre più bello e ricco. Ma quel grattacielo 'verde', a Milano, non riesco a leggerlo, non riesco a capire come si possa concepire un’idea così dispendiosa solo dal punto di vista della manutenzione. Ma è architettura, questo 'bosco' verticale? Ma è architettura questo scempio orizzontale vicino a casa mia? Non sarebbe meglio curare gli alberi e i parchi delle città e rispettare i prati e i boschi attorno ai paesi di montagna dove i villeggianti sono tutti indaffarati ad allestire gazebo per proteggere dal sole i loro Suv? Non era meglio lasciarlo, quell’acero? Non sarà un architetto di Milano quell’uomo che, un giorno di luglio, mi chiedeva dove poteva raccogliere delle noci?"

Enzo Salandin (Ramponio-Verna, Como)

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Caro Salandin, «troverai più cose in un bosco che nei libri» disse Bernardo di Chiaravalle, e i monaci la sanno lunga (a occhio e croce, più dei preti). Nel nome di questo principio, che sicuramente lei condivide, la invito a riconciliarsi con il bosco verticale, un grattacielo anomalo, irsuto e coraggioso che prova a concentrare in pochi metri quadrati una grande estensione verde (un bosco, appunto). Capisco che possa sembrarle cervellotico, ma da vecchio abitante di Milano le posso assicurare che funziona, ed è anche contagioso: il quartiere dove Stefano Boeri ha eretto il suo tributo alla simbiosi uomo-pianta è stato, per decenni, informe e spelacchiato, ora è ordinato e più verde di prima. Detto questo, sono con lei al cento per cento.

Il territorio italiano è stato massacrato dai suoi stessi abitanti, immemori e travolti dal benessere. Inutile prendersela sempre con i poteri forti e la grande speculazione: eravamo impreparati, come popolo, a governare l’urto pazzesco di una industrializzazione che ci è arrivata addosso tutta in una volta. Gli ex poveri hanno svenduto le loro onorate e scomode case di pietra per costellare il territorio di orrende villette, però comode e calde; una classe politica gracile e ruffiana li ha assecondati, spesso condividendo il cattivo gusto e l’incultura (ogni classe politica è emanazione del suo popolo); pochi e inascoltati italiani, subito tacciati di snobismo, hanno denunciato lo scempio, la perdita di radici, di memoria e di salute sociale, come fecero Antonio Cederna e i primi ambientalisti. Ma l’onda, caro amico, era irresistibile. Lo sviluppo riempiva piatti che per generazioni erano stati vuoti. Sconfiggeva la fame. Il prezzo, enorme, lo ha pagato il territorio, e con il territorio anche la nostra anima: lei sì, impoverita.

Però, guardi, io non sono pessimista. Credo che il peggio sia alle nostre spalle. Quell’onda al tempo stesso generosa e traumatica (l’acme negli anni Sessanta-Settanta) è passata, molte cose si sono sedimentate, c’è più coscienza ambientale, la cultura delle cose belle non è solamente il vezzo di una élite. Vivo ormai poco a Milano, molto in una valle appenninica quasi integra (miracolo!), e il recupero paziente delle “case vecchie” comincia a coinvolgere anche figli e nipoti di quelli che le abbandonarono, mica solo i radical-chic milanesi. Non tutto è in cocci, e anzi si tende a recuperare il bandolo di un paesaggio sopravvissuto, almeno in parte, alla tempesta di cemento.

Quanto all’architetto milanese che cerca le noci in luglio, provi a pensare positivo: magari le cerca ancora verdi perché vuole fare il nocino, un poco in ritardo sul giorno giusto, che è San Giovanni, 24 di giugno. Mi saluti la sua faggeta, che dio benedica i boschi.

Sul Venerdì del 5 febbraio 2020

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