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Crisi di governo, effetto Grillo sul M5S: sì del fondatore a un governo politico

Come avviene solo nei momenti topici, ieri è arrivato Beppe Grillo a Roma per dare la sua benedizione sulla nuova svolta. Il fondatore e garante dei 5 Stelle sta addirittura pensando di infilarsi nella delegazione che incontrerà Mario Draghi domattina. Ma la sostanza è semplice: sono bastate poco più di 24 ore per convincere buona parte del Movimento a dire un sì di massima al tentativo di formare un nuovo governo da parte dell'ex presidente della Bce.

Le dichiarazioni barricadere di martedì in tarda serata da parte di esponenti di primo piano come Vito Crimi e Riccardo Fraccaro si sono presto trasformate in cauti e felpati "vediamo". Una scelta legata ad un'altra più complessiva: il M5S decide infatti di "istituzionalizzare" l'alleanza, il coordinamento, con Pd e LeU. Anche se rimane una condizione generale da porre sul tavolo di Draghi, cioè che non si tratti di un esecutivo tecnico ma politico, con dentro anche esponenti dei 5 Stelle.

Di sicuro a sigillare questo scenario è stato Giuseppe Conte con le sue parole di appoggio al tentativo imposto da Sergio Mattarella: l'area ormai direttamente contiana nel Movimento è ben nutrita e oltretutto l'ex presidente del Consiglio ha nei fatti posto le basi per una propria candidatura a premier del fronte progressista, quando si tornerà al voto: "Io ci sono e ci sarò".

Così in linea generale sono quattro le aree, i posizionamenti, all'interno del Movimento. La prima, la più nutrita in realtà, è l'ala possibilista. Quelli che insomma dicono "nì" a Draghi: se si mantiene il reddito di cittadinanza, se si punta sulle politiche ambientali, insomma se qualcosa delle battaglie storiche del M5S resta in piedi. È di questo avviso lo stesso reggente, Crimi.

Ci sono invece i favorevoli tout court. "Dobbiamo accettare la sfida condizionando e recitando anzi un ruolo da protagonisti per gestire le immense risorse del Recovery fund e tutte le altre partite connesse con i bisogni e i diritti dei cittadini", spiega ad esempio Primo Di Nicola. "Stavolta all'orizzonte non c'è alcuna austerità, anzi, ci sarà da spendere molti soldi per la crescita, non possiamo starne fuori", ragiona Sergio Battelli.

Finanche la sindaca di Roma Virginia Raggi dice la sua: "Rompiamo gli schemi, apriamo a Draghi". Sono pochi ma con un peso specifico notevole, gli ex ministri e membri del governo del M5S. Dopo un iniziale spaesamento, comunque vissuto con una generale cautela, adesso prevale la voglia di rientrare nell'esecutivo. "Abbiamo il dovere di mostrarci maturi", ricorda Luigi Di Maio, che con la sua dichiarazione aveva anticipato di pochi minuti proprio Conte.

Infine ci sono quelli che sono rimasti convinti che i 5 Stelle non possano sostenere un presidente agli antipodi delle idee e della propaganda che per anni ha avuto il Movimento, contro le élite, l'establishment e così via. Il capofila resta sempre Alessandro Di Battista, che è però fuori dal Parlamento. C'è chi adesso minaccia privatamente di lasciare il M5S e chi invece semplicemente voterà no ad una eventuale fiducia a Draghi.

Se comunque mercoledì era complicato trovare un eletto che si esprimesse pubblicamente a favore di Draghi, ieri era esattamente il contrario. Rimane sul piatto l'ipotesi che venga consultata la base con un voto su Rousseau, se effettivamente il matrimonio si farà: ma le quotazioni date a questa opzione non sono molto alte.

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