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“Vacciniamo i paesi poveri, o da lì arriveranno varianti che metteranno a rischio anche noi”

Guardiamo al 20% dei vaccini che non abbiamo, per colpa di un'azienda che riduce la fornitura. E non diamo peso al 30% dell'efficacia persa dai vaccini che abbiamo, per colpa delle varianti che continuano a circolare. È di ieri la notizia che Novavax ha un'efficacia che arriva all'89% nel suo complesso, ma che scende al 60% con la variante sudafricana. Johnson & Johnson passa dal 72% di efficacia negli Stati Uniti al 57% in Sudafrica. Le nostre battaglie con le aziende inadempienti e l'emergere di nuove varianti dai paesi più poveri sembrano temi slegati. Ma non lo sono. Il perché ce lo spiega Angela Santoni, che insegna immunologia alla Sapienza di Roma, dirige l'Istituto Pasteur in Italia e per molti anni ha rappresentato il nostro paese nel board di Gavi, l'alleanza che porta i vaccini – inclusi quelli contro il Covid – nelle nazioni che non se li possono permettere.

Cosa succede nei paesi poveri?

"Che i vaccini non arrivano, o meglio arrivano in quantità molto, molto ridotte. Per rifornire i paesi poveri esiste il programma Covax, di cui fanno parte Gavi e Oms, che finora ha acquistato 1,8 miliardi di dosi e punta a distribuirle entro la fine del 2021 a 92 paesi a basso reddito. Basteranno a vaccinare il 27% della popolazione da qui a dicembre, ma appena il 3% nel primo trimestre dell'anno".

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E questo cosa c'entra con le varianti?

"Le più pericolose per l'efficacia dei vaccini sono emerse in Sudafrica e Brasile. Dove la circolazione del virus è intensa possono evolvere nuovi ceppi, che poi rischiano di arrivare da noi e di ridurre l'efficacia dei vaccini che abbiamo acquistato. Una riduzione di efficacia del 30% da parte di un vaccino per colpa di un variante è un problema tanto quanto il taglio della fornitura del 30% da parte di una ditta. Non è una questione da poco".

Quindi vaccinare tutti è anche nostro interesse?

"La pandemia è un problema di salute globale che si risolve solo curando tutti. Vaccinare più persone possibile in più paesi possibile non è solo una questione di equità e di uguaglianza sociale. Raggiungere un'immunità anche nelle zone che non possono permettere di pagare i vaccini è il solo modo per frenare l'emergere delle nuove varianti".

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Insomma, non è solo una questione di altruismo?

"Veramente dovrebbe esserlo. All'Africa è dovuto un risarcimento economico e morale, perché questo continente è stato finora sfruttato un po' da tutti, prima da Europa e America e più recentemente anche da Cina e Russia. Ma anche a voler pensare solo al nostro interesse, a prescindere da qualsiasi considerazione etica, vaccinare anche i paesi poveri è una priorità".

Si è detto che l'Africa e altri paesi equatoriali in fondo non sono stati così colpiti dalla pandemia.

"Cosa ne sappiamo. Solo alcuni paesi hanno un monitoraggio che fornisce dati affidabili. Nella maggior parte delle nazioni a basso reddito semplicemente non sappiamo cosa stia accadendo, se esistono altre varianti locali che non abbiamo finora intercettato. In Sudafrica sentiamo parlare di casi di reinfezione. Vuol dire che l'immunità generata da un primo contagio con il ceppo tradizionale in alcuni casi non è sufficiente a proteggere dal contagio con le nuove varianti. L'immunità che guadagniamo da un lato la perdiamo dall'altro".

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Si è detto anche che i vaccini che hanno bisogno di essere mantenuti a temperature molto basse non potrebbero comunque essere distribuiti nei paesi senza infrastrutture.

"Covax sta lavorando per fornire a questi paesi anche le infrastrutture per la catena del freddo. Comunque a giugno sono state acquistate molte dosi di AstraZeneca, che può essere conservato a temperatura di frigo".

L'Indonesia ad esempio è uno dei paesi più a rischio all'interno di Covax, perché ha già superato il milione di casi e potrebbe far emergere nuove varianti. Lì, come in molti paesi poveri, si è iniziato a usare il vaccino cinese. Altre nazioni hanno ricevuto il vaccino russo. E' una buona notizia, il contributo di questi paesi?

"Russia e Cina svolgono un lavoro importante, ma stanno distribuendo i loro vaccini in buona parte senza il coordinamento con Gavi e Covax. Gavi non distribuisce vaccini che non siano stati approvati dagli enti regolatori quali Fda o Ema, anzi è preoccupato che l'eventuale fallimento protettivo dei vaccini cinesi e russi possa generare un'ondata di sfiducia. Molto importante è poi l'enorme capacità di produzione che ha l'India. Senza quelle fiale immunizzare i paesi più poveri e avvicinarsi all'immunità di gregge sarebbe un'impresa con poche speranze".

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