"Per reagire alla pugnalata di Renzi dobbiamo rilanciare l'alleanza con M5S e Leu e, su questa base, provare a costruire insieme una maggioranza europeista a sostegno di Draghi". È l'ora di pranzo quando Nicola Zingaretti riunisce il comitato ristretto del Pd – Dario Franceschini, il vicesegretario Andrea Orlando, i capigruppo Delrio e Marcucci – per delineare la controffensiva del partito nel passaggio forse più difficile della crisi di governo.
Il colpo assestato da Italia viva alla coalizione giallorossa è durissimo, ma ora bisogna impedire che diventi mortale: che cioè il killeraggio del Conte Ter distrugga anche, alla vigilia delle amministrative, la prospettiva di un patto organico fra le forze progressiste su cui il Nazareno ha scommesso tutto. E l'unico modo per riuscirci è supportare l'ex presidente della Bce, guadagnando alla causa i grillini ancora recalcitranti per chiudere ogni spazio di manovra ai sovranisti. I quali, se dovessero risultare determinanti per la nascita del nuovo esecutivo, finirebbero per mettere in seria difficoltà proprio il Pd. Che non reggerebbe un matrimonio forzato coi leghisti.
Governo Draghi, va in scena lo psicodramma 5S. Di Maio: "Governo politico"
di
Annalisa Cuzzocrea
È su questo doppio binario che Zingaretti per tutto il giorno si muove, in accordo con i (quasi ex) ministri e i gruppi parlamentari. Il segretario sente Crimi, poi Speranza, e con loro concorda l'invito a riunirsi in serata per provare a stringere un accordo prima delle consultazioni. "Dobbiamo fare di tutto per non liquidare il patrimonio unitario costruito da Pd, 5S e Leu nel Parlamento e nelle Regioni, che era l'obiettivo di Iv", lancia l'appello il segretario. "Dobbiamo fare di tutto per non buttare a mare questa prospettiva politica che è un'alternativa alla destra. Mai più pochi e soli come nel 2018 ma uniti come nel 2019, altrimenti la destra vincerà sempre".
In ballo c'è il voto nelle grandi città, non solo il governo nazionale: andare divisi a Torino, Napoli, Roma, significherebbe rischiare una sconfitta. Il naufragio della linea sulla quale Zingaretti ha attestato il Pd contro una bella fetta dei suoi. In una botta sola potrebbe perdere tutto: il progetto e il partito. Le avvisaglie della "fronda del Nord" sono già arrivate: Bonaccini, Nardella e Gori, con la sponda della corrente ex renziana, da tempo meditano l'assalto al Nazareno. E se il Movimento dovesse mettersi all'opposizione, la richiesta di un congresso scatterebbe immediata. Il sindaco di Bergamo l'ha fatto capire ieri: "La risposta all'appello del presidente Mattarella e la fiducia a Draghi sono il banco di prova dell'europeismo del M5S, della sua affidabilità e del cambiamento tante volte professato", ha twittato. "Questo passaggio ci dirà anche quale sia la sua compatibilità con le forze riformiste".
Perciò nel pomeriggio il leader dem cerca Giuseppe Conte. L'avvocato nella partita ha un ruolo decisivo: toccherà soprattutto a lui convincere i grillini ad appoggiare lo sforzo dell'ex governatore di Bankitalia e scongiurare una scissione che farebbe saltare tutto. Il Draghi I sorretto da una maggioranza politica modello Ursula, allargata cioè a Fi, o almeno a quella parte che ha già risposto presente: modello Ciampi del '93, per intenderci, non il Monti del 2012. Insieme "alla prospettiva di un'alleanza strategica che va salvata", insiste Franceschini. Sicuro che anche "Conte darà una mano". Per evitare di "produrre un esito paradossale: la maggioranza che si spacca e la destra disponibile a sostenere Draghi per senso di responsabilità". Lo stesso monito che Zingaretti lancerà a sera, all'incontro con gli alleati, che però produce solo una timida apertura. Sul nome di Draghi i grillini esitano. Ma "se dopo le tarantelle di Renzi dovessimo sottostare a quelle di Salvini", avverte Orlando, "non avremmo fatto un grande servizio al Paese". E l'implosione del Pd sarebbe più vicina.Original Article
Commenti recenti