LONDRA – In fuga per la libertà, dall’Iran dove era stato condannato, superando il confine tra le montagne ricoperte fino a un metro e mezzo di neve. No, non è un film di Hollywood, magari lo sarà a breve. Questa è la storia, a lieto fine, di Kameel Ahmady, una cinquantina di anni, che adesso è in salvo a Londra dopo un’evasione spettacolare dal Paese degli ayatollah.
Premessa: l'iraniano Ahmady, da giovane trasferitosi in Inghilterra per studiare, non è mai piaciuto al regime del suo Paese. Secondo lui – professore, antropologo, sociologo e studioso di gender – “perché tra le altre cose ho raccontato la piaga delle mutazioni genitali femminili in Iran e ho fatto campagna per alzare l’età legale di matrimonio per le ragazzine da 13 ad almeno 15 anni”, racconta lui al Guardian che ha pubblicato la storia prima di tutti in esclusiva. Ma soprattutto lo studioso ha doppia cittadinanza iraniana e britannica. In teoria, un bocconcino perfetto per le autorità iraniane nelle loro ritorsioni anti Londra, di recente riesplose per l’assalto delle forze speciali britanniche nella Manica alla petroliera iraniana Grace 1, che il 4 luglio 2019 fece esplodere un caso internazionale perché fu bloccata nel viaggio verso la Siria per rifornire il regime siriano di Assad alleato di Teheran, violando le sanzioni europee.
Ovviamente, Ahmady non c’entra nulla con tutto questo. Ma come nell’altro famigerato caso della irano-britannica Nazanin Zaghari-Ratcliffe e anche dell’accademico ex professore a Torino, Ahmad Reza Jalali entrambi ancora in carcere per “spionaggio” nonostante gli appelli internazionali, Ahmady è stato arrestato e condannato lo scorso novembre per “collaborazione con un governo ostile”. In pratica, per essere una spia in Iran. “Eppure, quando mi fermarono già l’anno scorso, i carcerieri mi dissero esplicitamente che era stato arrestato solo perché sono una merce di scambio con Londra”.
In ogni caso, poche settimane fa Ahmady viene condannato a 9 anni e tre mesi, oltre che multato per circa 500mila sterline. Tuttavia, dopo circa 100 giorni nel famigerato carcere di Evin alle porte di Teheran, viene liberato su cauzione. Il tutto si aggiunge a vecchie accuse come quella di “promozione dell’omosessualità” e la recente accusa di molestie sessuali da parte di alcuni anonimi studenti su Instagram, cosa che lui ha sempre negato con forza.
“Allora mi son chiesto”, racconta lui, “e mi son fatto un calcolo: se l’appello avesse confermato la mia pena, e non avevo dubbi su questo, non avrei visto mio figlio (che si trova qui a Londra con la madre dove Ahmady andò a studiare diciottenne, ndr) fino a quando non avrebbe compiuto 14 anni. Allora mi son detto: è un rischio tremendo”, anche perché l’Iran dopo l’uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrodazeh l’anno scorso, probabilmente per mano del Mossad, ha inasprito i controlli ai confini “ma vale la pena correrlo”.
Così Ahmady si è messo in marcia: “Sono di origine curda, conosco un po’ quelle zone”. E si è diretto verso il confine occidentale, dove i contrabbandieri di droga, alcol, medicine e ricambi di autovetture, fanno la spola tra Iraq, Turchia e appunto l’Iran. Qualche tempo fa alcuni di loro sono rimasti uccisi dalle pallottole delle guardie iraniane. Un rischio possibile. Secondo il racconto del Guardian, lo studioso ha preso con sé solo una borsa con un laptop, qualche libro e i suoi quaderni e ha superato il confine in un punto imprecisato. I britannici lo hanno recuperato e portato a Londra. Dove ora Ahmady è di nuovo libero, finalmente.
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