Secondo l’ambasciata canadese quella stampata sulla maglietta, attorno alla scritta Wuhan, è solo una “W” svolazzante, la replica del logo del famoso gruppo rap americano Wu-Tang Clan. Per le autorità di Pechino invece è proprio un pipistrello, e un insulto alla città dove è emerso il coronavirus e ai cinesi tutti. L’ultimo litigio tra Cina e Canada ruota attorno a una t-shirt. Una questione che in tempi normali forse non sarebbe stata neppure discussa a livello ufficiale, o che magari sarebbe stata liquidata in breve tempo, ma che la Cina iper nazionalista di Xi Jinping e i suoi diplomatici “guerrieri” stanno trasformando nell’ennesimo scontro diplomatico con il Canada, Paese con cui rapporti sono già ai minimi termini.
La vicenda si è infiammata la scorsa settimana, quando alcuni media cinesi hanno riportato che durante l’estate un membro dello staff dell’ambasciata candese a Pechino aveva ordinato alcune magliette con la scritta Wu-han e il simbolo di un pipistrello. La foto della t-shirt si è diffusa sui social, dove i soliti utenti nazionalisti sono partiti all’attacco, accusando il Canada di associare l’origine del virus a un presunto consumo di pipistrelli da parte degli abitanti della città. Ricostruzioni di questo tipo, prive di alcun fondamento, erano circolate in tutto il mondo all’inizio della pandemia.
Il ministero degli Esteri canadese ha spiegato che la maglietta era stata disegnata per la squadra dell’ambasciata che aveva lavorato al rimpatrio dei cittadini da Wuhan e che il logo è solamente una “W” stilizzata copiata dal nome del gruppo rap, non un pipistrello. Non c’era intenzione di offendere, ha detto il governo canadese, esprimendo il suo dispiacere per l’incomprensione. Si può discutere sull’opportunità o meno di utilizzare un logo ambiguo, ma va notato che sia la forma della “W” che i caratteri della scritta “Wu-han” sono effettivamente uguali a quelli della band statunitense. Mercoledì però la portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha rispedito la giustificazione al mittente, definendo “non credibile” l’ipotesi che “un errore così stupido sia stato fatto inavvertitamente”. Ha aggiunto che il Canada deve prendere la questione sul serio e fornire una chiara spiegazione.
I rapporti tra Pechino e Ottawa sono tesissimi da quando, alla fine del 2018, le autorità canadesi hanno arrestato su mandato americano Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei e direttore finanziario della società. Da allora la manager è agli arresti domiciliari nella sua casa di Vancouver, in attesa dell’esito del processo di estradizione. In quella che tutti considerano una ritorsione, poche settimane dopo la Cina ha arrestato due cittadini canadesi, l’ex diplomatico Michael Kovrig e l’imprenditore Michael Spavor, detenuti in carcere da oltre due anni con l’accusa di spionaggio.
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