Ristoranti e Covid-19. La ristorazione è, seppur non il solo – basti pensare a cinema, teatri e circuito musicale – uno dei settori più colpiti dalla crisi economica in atto, come testimoniano, impossibili da ignorare, i numeri: 5000 richieste di ristori nella sola regione Toscana per il bando promulgato nel mese di dicembre, più di 100mila saracinesce abbassate e insegne spente per sempre, stando ai dati Confesercenti-Swg, con il rischio concreto di perdere quasi il 70% della forza economica di un settore che vale il 12% del Pil italiano. Una fotografia della situazione che sembra bruciata più ancora che un bianco e nero. Eppure anche in questa situazione, in un guado così complesso da attraversare, ci sono degli sprazzi di luce che aiutano a guardare al futuro e portano un po' di speranza. In questo caso hanno il volto di quegli imprenditori che scelgono di credere nel settore e nonostante tutto investono, aprendo nuove insegne.
Quei ristoranti che…aprono, nonostante il Covid
Da Napoli a Milano, passando per Bologna e alcuni altri centri, c'è un gruppo piccolo – molto piccolo – di coraggiosi che scelgono di gettare il cuore oltre l'ostacolo. Alcuni nel reinventare se stessi e il proprio lavoro adattandosi con estro e programmaticità alle regole nuove di un mondo cambiato molto in fretta, come Carter Oblio, locale romano che ha ricostruito non solo il menu, senza limitarsi a inviare a casa i vecchi piatti, ma ha anche riarredato il locale con una vetrina fronte strada e tanti piccoli dettagli che parlano di una rinascita, insieme agli spazi che sono stati dilatati per una diversa e calorosa accoglienza. Altri come Marzapane a Roma hanno scelto di fare un salto di qualità cambiando quartiere – dal locale di via Velletri ha traslocato in via Flaminia 64 – aggiungendo anche nuove sfumature alla sua offerta, abbracciando così una nuova sfida. Riadattarsi è la parola d'ordine, ma non è affatto sinonimo di ripiego.
Non lo è stato sicuramente per Diego Vitagliano, uno dei golden boy della pizza napoletana contemporanea che dopo lunghi anni di approfondimento sui lievitati da forno – a legna -, forte delle sue pizzerie di Napoli e Pozzuoli, ha scelto di rilanciare. Non una, ma ben due volte. Da un lato un Bistrot legato alla cucina classica – ma non troppo – di Partenope che vedrà la luce "fra un po'", dall'altro una Bakery che è stata inaugurata proprio agli albori di febbraio 2021. “Da tempo – racconta Diego – sentivo l’esigenza di realizzare un grande progetto sulla panificazione e credo che questo sia il momento giusto: in un periodo di grandi cambiamenti è importante guardare sempre avanti, aprirsi alle novità e seguire i propri sogni”. Un atteggiamento coraggioso, che ha portato all'allargarsi della sua famiglia verso un settore affine al suo animo, ma decisamente discostato da quello che è il lavoro quotidiano di una pizzeria: anche se non mancano pizza, fritti, dolci e molto altro, il pane è al centro di tutto – ben due professionisti della panificazione lo affiancano – e si alterna tra la tradizione locale – il pane cafone, cosiddetto – e nuove creature come i pani multicereali, le ciabatte e le baguette.
E non è sicuramente un ripiego nemmeno la nuova creatura di Paolo Piacentini e Michela Reginato, già soci co-founders di Cocciuto che hanno aperto una paninoteca in quel di Milano. Scegliendo un nome decisamente programmatico: Sberla. Lo schiaffo che vogliono dare è, programmaticamente, quello alla classica idea di fast food, investendo su qualità e materie prime di spessore, ma sicuramente già dalla prima apertura delle porte una sberla è arrivata ben forte anche alla paura. Un'impresa formata da tre dark kitchen – cucine ideate esclusivamente per la ristorazione in assenza – che lavorano a spron battuto per coprire, potenzialmente, l'intera area di Milano con le loro consegne. Un progetto che ha unito due necessità, quella di creare un business che potesse resistere ai colpi avversi della fortuna – fin dal primo lockdown i fast food sono gli unici che hanno sempre funzionato, creando un diversivo alle persone costrette nelle loro abitazioni – e quella di portare in una piazza vivace come quella del capoluogo lombardo un locale che fosse aderente alle filosofie produttivo-lavorative degli imprenditori, già con la loro pizzeria impegnati in una scrittura di alta qualità di cibi considerati solitamente da strada.
Periodo di salti nel nuovo – non nel vuoto – anche per uno dei pizzaioli più accreditati dell'area dei Campi Flegrei, Federico Guardascione che da Monte di Procida ha raddoppiato aprendo il suo "Colmo del pizzaiolo" anche a Napoli città, in una delle vie più trafficate e importanti del quartiere Vomero. Una sfida per il pizzaiolo e per sua moglie Margherita, da sempre al suo fianco, che hanno coscientemente scelto "la città dai ritmi più vivi e intensi, perché sempre in cerca di nuove sfide e nuovi stimoli". Nel nuovo locale, inaugurato a gennaio 2021, l'offerta rimane quella della pizza napoletana classica con una forte attenzione al senza glutine – con sala lavorazione e forno dedicati – e le forze della famiglia sono al momento totalmente dedicate al nuovo locale, con la casa madre chiusa per ferie. E per riposo, visto che l'area flegrea sarà nei prossimi mesi forte dell'attenzione di Procida Capitale Italiana della Cultura 2022.
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