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“Anche contro i tumori, un vaccino ci aiuterà”. La ricerca di Maria Rescigno finanziata da Airc

Arance e miele aiutano la lotta contro il cancro. Non solo perché fanno bene, ma anche perché consentono all’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) di raccogliere fondi per finanziare la scienza che combatte i tumori. Le Arance della Salute, in programma anche quest’anno dal 4 febbraio, permetteranno nel 2021 con le altre iniziative Airc di finanziare 622 progetti di ricerca, 71 borse di studio e 22 programmi speciali con 125 milioni di euro.

“Noi riceviamo finanziamenti Airc da 10 anni per mettere a punto un vaccino contro il melanoma e il sarcoma, che verrà presto testato sull’uomo” spiega Maria Rescigno, che insegna patologia generale alla Humanitas University di Rozzano (Milano) ed è alla frontiera della ricerca in uno dei settori più promettenti per contrastare il cancro: l’immunoterapia, ovvero l’idea che anziché introdurre farmaci dall’esterno si possano sfruttare i poteri del nostro sistema immunitario. “E’ un metodo in cui credo molto. E’ più specifico e dà meno effetti collaterali. Quasi tutte le nostre difese, è la mia convinzione, sono già all’interno del corpo. Bisogna trovare quella giusta al momento giusto”.

Parliamo di vaccini e di sistema immunitario e in questo periodo non pensiamo ad altro che al coronavirus. Cosa c’entra con il cancro?

“Molte nuove tecnologie sfruttate per ottenere dei vaccini contro il coronavirus in tempi così brevi nascono dalla ricerca sul cancro. L’Rna o i vettori virali sono un esempio. Poi, essendo molto versatili, sono state usate anche per la pandemia”.

Un vaccino contro melanoma o il sarcoma cosa ha di simile rispetto a quelli contro le infezioni?

“C’è un antigene, cioè un bersaglio contro cui si attiva il sistema immunitario, che viene iniettato per stimolare le nostre difese. Nel caso dei virus, che sono organismi piuttosto primitivi, la scelta dell’antigene è limitata a poche proteine. Contro i tumori dobbiamo scegliere tanti antigeni diversi per evitare che una cellula, smettendo magari di esprimere quella proteina, sfugga all’attacco che le viene sferrato dal sistema immunitario. Nella nostra ricerca ne abbiamo scelti dodici. Sono come bandierine che indicano alle nostre difese quali sono i nemici da attaccare”.

Come funziona esattamente il meccanismo?

“Abbiamo cercato di sfruttare una caratteristica della cellula tumorale, che è sostanzialmente una cellula stressata perché costretta a mutare in continuazione. Questa sua caratteristica la porta a esprimere antigeni specifici, che noi abbiamo selezionato attraverso molti esperimenti, in anni di laboratorio”.

Poi cosa accade?

“Questi antigeni sono il principio attivo del nostro vaccino. Iniettati nel corpo, insegnano ai linfociti T citotossici a riconoscere le cellule con la bandierina, cioè quelle del tumore, e a ucciderle”.

E perché non lo facevano fin da subito?

“O perché, per usare una metafora, sono “poliziotti corrotti”: il cancro li ha indotti a non attaccarlo. O perché semplicemente non sanno riconoscere le cellule del tumore. Nel primo caso usiamo una terapia immunologica che toglie alcuni freni al sistema immunitario e lo induce ad attaccare il cancro. Nel secondo caso usiamo il nostro vaccino, che rende riconoscibili le cellule del tumore tramite le dodici bandierine”.

Ma se le bandierine sono già espresse dal cancro, che bisogno c’è di introdurle dall’esterno con il vaccino?

“Le bandierine sono sulle cellule del cancro, ma i linfociti non le riconoscono e sono troppo pochi. Per riconoscerle, hanno bisogno di vedersele presentate prima da un altro attore del sistema immunitario: le cellule dendritiche. Solo loro sono in grado di attivare i linfociti T citotossici, di farli proliferare e di indurli ad attaccare il cancro”.

E il vostro metodo funziona?

“Ci vorranno ancora alcuni mesi per partire con i test sull’uomo. Mancano gli ultimi passi delle autorità regolatorie. Ma abbiamo formulato un vaccino analogo per pazienti cani affetti da sarcoma osseo. E’ uno studio condotto con l’università di Bologna e il gruppo della professoressa Marconato che sta andando molto bene. Al progetto del vaccino in generale lavorano invece, oltre all’Humanitas, l’università del Piemonte orientale, l’Istituto Pascale di Napoli e l’università di Milano Bicocca, sede di Monza”.

A proposito di terapia immunologica del cancro, è vero che i batteri che vivono nel nostro intestino possono fare la differenza, nella sua riuscita?

“I batteri del tratto digerente, il cosiddetto microbiota, sono coinvolti in tanti aspetti della lotta contro il cancro. Abbiamo identificato alcuni ceppi che hanno proprietà antitumorali. Uno in particolare viene perso nelle prime fasi di formazione del tumore. E’ come se, venendo a mancare lui, smarrissimo un meccanismo di freno, dando modo al cancro di crescere indisturbato. Il microbiota gioca anche un ruolo importante nella terapia. Noi esseri umani possiamo dividerci grosso modo in tre gruppi, o enterotipi, in funzione del microbiota. Gli enterotipi sono come i gruppi sanguigni, ma non vengono determinati alla nascita. A seconda della nostra alimentazione possiamo passare dall’uno all’altro”.

E come si fa?

“Non conosciamo il meccanismo nei dettagli, ma una regola resta sicura sempre: mangiare molta frutta, verdura e fibre in generale, e soprattutto le arance dell’Airc”.

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